Salerno

 

Salerno, cosa ti sta succedendo? Per la prima volta forse in un secolo di storia, la vigilia di una partita fondamentale non è accompagnata da quel clima di trasporto emotivo che, un tempo, faceva la differenza e permetteva di raggiungere gli obiettivi. Domani, se qualcuno lo avesse dimenticato, Bocalon e compagni hanno la possibilità di archiviare il discorso salvezza dopo un’annata altalenante e per certi aspetti tribolata, eppure l’entusiasmo popolare è ai minimi termini e sembra che nessuno si interessi del match dell’Arechi. Del resto i numeri, per quanto freddi, parlano da soli: i 1500 biglietti venduti alle 17 di ieri stasera rappresentano un dato bassissimo, non all’altezza di una piazza diventata improvvisamente pretestuosa e presuntuosa e che dimentica quanto ha dovuto soffrire per tornare in una categoria che va difesa in tutti i modi per evitare sgradite sorprese. Sarà pur vero che la proprietà aveva parlato di progetto triennale e che la tifoseria legittimamente si aspettava di lottare per le prime posizioni (come accade a club molto meno blasonati da anni, anche neopromossi e quindi senza paracadute alle spalle), ma recriminare per ciò che poteva essere e non è stato non serve assolutamente a nulla. Il dato fornito dall’area comunicazione è allarmante e ogni componente dovrebbe porsi un interrogativo per porre rimedio prima che sia troppo tardi. Possibile che Salernitana-Cesena, crocevia per il presente e per il futuro, tiri meno delle sfide con Poggibonsi, Martina Franca e Monterotondo, quando in campo c’erano undici maglie a strisce blu e rosse e lo stemma era un simbolo religioso e non l’ippocampo? Che fine ha fatto quella mentalità del “gioca la Salernitana e tanto basta” che spingeva 10mila persone sulle gradinate ai tempi del VestutI?

E’ vero: sono cambiati i tempi, comandano le tv, la concorrenza con le big della A è forte e i giovanissimi sono cresciuti con due fallimenti in 5 anni e sono stati incentivati e coinvolti pochissimo. E’ altrettanto vero che la giornata granata- ampiamente prevista a inizio stagione- non è stata accompagnata da una serie di iniziative promozionali che avrebbero potuto riaccendere la fiammella dell’entusiasmo. Quando, però, la posta in palio è così alta ogni presa di posizione dovrebbe essere messa da parte, rinviando bilanci ed eventuali contestazioni o constatazioni a salvezza matematica raggiunta. Perché se si vuole la serie A bisogna dimostrare di meritarla con la presenza sugli spalti, non sui social celandosi dietro un nickname. E’ nell’interesse di tutti interrogarsi seriamente sulle cause di questo distacco e porre rimedio, affinché la prossima stagione possa nascere su basi completamente diverse. E’ innegabile che esiste un nutrito partito di persone che teme davvero che la multiproprietà possa incidere negativamente sul salto di categoria. La “pretesa” di uno squadrone per l’annata del centenario, però, passa per due momenti fondamentali: la salvezza di quest’anno (non battere il Cesena complicherebbe i piani) e la compattezza di tutti gli ambienti del tifo per chiedere chiarezza alla proprietà a fine stagione e capire quali siano gli effettivi obiettivi. Lotito e Mezzaroma, dal canto loro, sono stati più che eloquenti: nessuna promessa, un occhio di riguardo al bilancio, politica dell’autofinanziamento (e non è poco considerando quanto accaduto con Aliberti e Lombardi) e “se qualcuno vuole che andiamo via ci portasse l’alternativa, al momento nessuno ha bussato alla nostra porta per acquistare la Salernitana”.

I patron, però, sono troppo intelligenti per non capire che quello del centenario è un anno particolare e che l’Arechi sarà sempre più vuoto se non si allestirà una rosa forte, che almeno possa provarci. Il primo anno è arrivata una salvezza ai play out, nella passata stagione si stazionò a lungo a ridosso dell’ottava, quest’anno la Salernitana è stata anche quinta in piena emergenza, è calata progressivamente, ma ha investito su un allenatore che certo non avrebbe accettato per vivacchiare in cadetteria. La scelta più coerente- ed espressa in un comunicato stampa- è quella degli ultras: sostegno incondizionato fino alla fine e spalti vuoti qualora l’anno prossimo non si alzasse l’asticella con investimenti mirati e una programmazione che coinvolga settore giovanile, impiantistica e prima squadra. Ma che non può prescindere dal ritrovato idillio tra la squadra e la città. E allora proviamo a sognare: Salernitana salva (e sul carro salgano solo i seimila innamorati a prescindere), ripartenza con una base solida da ritoccare con 3-4 elementi di spessore nei ruoli giusti, un allenatore che già conosce la piazza e i calciatori, presentazione in grande stile della squadra come accadeva un tempo, campagna abbonamenti accessibile a tutti, stadio rinnovato e volontà di battersi alla pari delle altre. Perché Salerno, se vuole, può fare la differenza anche in serie A. Per bacino d’utenza, per pubblico, per blasone, per storia, per solidità presidenziale. Tutto però passa per Salernitana-Cesena: chi pensa che sia un match inutile e che la salvezza sia già in tasca fa bene a restare a casa, ma è fuori strada. Il calendario è tosto, la classifica è corta, la B è folle: per sognare in futuro bisogna vincere nel presente. Con un Arechi così sarà molto più difficile. E così difficile da capire?

Gaetano Ferraiuolo