"Abbiamo il terzo monte ingaggi della categoria, questo significa che la società ha investito e che la gente dovrebbe mostrare riconoscenza" ha detto con una certa frequenza Claudio Lotito nel suo primo anno in serie B, tormentone successivamente accantonato anche per la scelta della società di mettere almeno sullo stesso piano entrate ed uscite, con tante plusvalenze e pochi cartellini acquistati. Così come accaduto l'anno scorso, anche stavolta la proprietà non ha lesinato sforzi economici e ha messo a disposizione del direttore sportivo Angelo Fabiani un discreto budget che ha permesso non solo di acquisire Riccardo Bocalon, di riscattare Sprocati per 110mila euro e di condurre in porto brillantemente l'affare Casasola in inverno, ma anche di convincere gente come Pucino ad accettare Salerno a parametro zero. Con l'ingresso imminente nelle casse del club dell'altra percentuale sulla vendita di coda e la possibile plusvalenza con Sprocati, quest'anno la sensazione è che si potrà spendere di più; del resto Mezzaroma è stato chiaro ed ha ribadito più volte che "la politica dell'autofinanziamento è l'unica strada percorribile per evitare problematiche serie in un calcio in cui circolano pochi soldi", tesi sposata anche dal ds Fabiani che ha detto di recente che "è immorale che un presidente debba tirar fuori dalle proprie tasche anche "solo" 6-700mila euro. Il calcio è cambiato, non ha senso chiedere 4 milioni alla mia proprietà per prendere calciatori di nome e poi ritrovarmi penalizzato o non iscritto al campionato".
Spulciando la classifica del monte ingaggi la Salernitana è undicesima, praticamente in linea con quella che è stata la classifica maturata sul campo. Da questo punto di vista, però, sono inevitabili due riflessioni: il Palermo paga quasi 16 milioni di euro di stipendi, ma ha concluso la stagione al quarto posto ed ha potuto trattenere giocatori dall'ingaggio "top" soltanto grazie a questo famoso paracadute che rischia per davvero di falsare in partenza i campionati. Discorso inverso per il Cittadella che, spendendo "appena" 3 milioni di euro è riuscito a trovarsi in zona play off a cullare per il secondo anno di fila il sogno promozione. Morale della favola: per andare in A serve allargare i cordoni della borsa, ma spesso idee, intuizioni, conoscenze e capacità possono permettere di formare grandi squadre anche senza rischiare di creare un deficit in bilancio.
Redazione Sport