Si è svolto ieri pomeriggio a Salerno il secondo gay pride cittadino nel giro di sei anni, organizzato e ideato dal nuovo consiglio direttivo eletto a dicembre scorso e che vede in Francesco Napoli il presidente e in tanti ragazzi della provincia gli esponenti di spicco del consiglio direttivo. Se stavolta i convegni hanno trattato argomenti relativi all'intergrazione, alla discriminazione in genere, alle malattie sessualmente trasmissibili e ai successi ottenuti in merito alla legge sulle unioni civili che finalmente è stata approvata anche in uno dei pochissimi paesi dell'Unione Europea che continuava a mostrare una incomprensibile arretratezza socio-culturale, nel 2012, grazie anche all'interessamento dell'ex presidente Antonello Sannino, si diede ampio spazio anche all'importanza del mondo dello sport elencando tutta una serie di atleti appartenenti alle svariate discipline che, nel tempo, avevano dichiarato la loro omosessualità senza mai riscontrare problemi durante lo svolgimento delle manifestazioni. E il calcio è pronto per fare questo salto di qualità? Ci sono i presupposti per sperare che un calciatore gay possa "dichiararsi" apertamente senza temere la gogna mediatica e popolare? Molto probabilmente sì e del resto Salerno ha sempre dimostrato di essere una realtà molto aperta su queste tematiche perchè, in fondo, a chi ama la Salernitana interessa che la squadra vinca e non l'orientamento sessuale di chi paga il biglietto. All'epoca, come detto, proprio a poche ore dal pride (cui utilità continua oggi a dividere l'opinione pubblica) ci fu la presentazione del libro scritto dal noto giornalista Mediaset Alessandro Cecchi Paone e intitolato "Il campione innamorato", manifestazione a cui prese parte il Salerno Calcio- rappresentato dal direttore generale Danilo Pagni- ma anche una rappresentanza della tifoseria organizzata capeggiata dal presidente del Centro di Coordinamento Salernitana Club Riccardo Santoro, un messaggio molto importante, strumentalizzato da una parte dei media soprattutto napoletani, ma che invece lasciò intendere che pregiudizi, omofobia e discrimnazioni sono concetti che non appartengono e non sono mai appartenuti al variegato mondo della tifoseria granata.
"Ho un compagno da anni, viene a vedere la Salernitana con me da tempo, ha sottoscritto l'abbonamento e ora è diventato anche arbitro. Non abbiamo mai avuto alcun tipo di problema, anzi tutti i nostri amici dei distinti sono diventati una seconda famiglia" disse un ragazzo che era presente alla manifestazione, mentre Cecchi Paone, a canale 5 e dinanzi a milioni e milioni di telespettatori, rivolse un plauso alla torcida granata sostenendo che "è stato bello avere al nostro fianco durante un convegno così delicato alcuni esponenti della tifoseria organizzata, un segnale di apertura che potrebbe essere da esempio per il resto d'Italia e che sono ben contento sia partito da Salerno". La campagna di sensibilizzazione sortì in parte gli effetti sperati: basti pensare che alcuni calciatori del Cagliari decisero di scendere in campo con scarpette speciali colorate come la bandiera che simboleggia il Pride, successivamente anche il tecnico della Nazionale Cesare Prandelli si espresse favorevolmente sull'argomento "ammutolendo", di fatto, Antonio Cassano che aveva rilasciato dichiarazioni sgradevoli. A Napoli, invece, ogni volta che De Laurentiis ha abbassato i prezzi dei biglietti prevedendo sconti per le famiglie ha esteso le agevolazioni anche alle coppie omosessuali, un gesto davvero unico e che meritava maggiore risalto nazionale. Nella speranza che l'arcigay di Salerno "Marcella Di Folco" non escluda lo sport e il calcio dai punti cardini del progetto (a Napoli è nata una squadra di calcio ironicamente denominata Pochos e che sta riscuotendo un grande successo internazionale), ci chiediamo: ma davvero il calcio sarebbe così intollerante verso una tematica di una naturalezza estrema?
Redazione Sport