Sono i medici che lo avevano visitato dal 3 al 5 ottobre del 2016. In base a una convenzione con l'Asl, operano presso la casa circondariale di contrada Capodimonte, e, sostiene il sostituto procuratore Miriam Lapalorcia, che ne ha chiesto il rinvio a giudizio, non avrebbero diagnosticato in tempo, né avrebbero ordinato il suo trasferimento d'urgenza in ospedale, il problema che affliggeva il detenuto: Agostino Taddeo, 59 anni, già noto alle forze dell'ordine, morto il 13 ottobre del 2016 al Rummo. E' l'accusa dalla quale i tre professionisti dovranno difendersi il prossimo 26 settembre, quando compariranno dinanzi al gup Flavio Cusani, che dovrà decidere se spedirli o meno a processo.
La vittima stava scontando una condanna a tre anni, diventata definitiva, che gli era stata inflitta per reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. Accusava dolori nella zona sinistra del torace ed intercostali che aumentavano con il respiro, il 6 ottobre era stato trasportato in ambulanza al Rummo, dove era stato sottoposto ad alcuni accertamenti e gli era stata praticata un'angioplastica coronarica per un infarto del miocardio. Era stato successivamente trasferito nel reparto di rianimazione, dove, a distanza di alcuni giorni, il suo cuore si era fermato per sempre.
La salma era stata sequestrata all'epoca su ordine del pm Iolanda Gaudino, titolare di un'indagine inizialmente contro ignoti. Il medico legale, la dottoressa Monica Fonzo, aveva eseguito l'autopsia, ravvisando elementi di presunta responsabilità a carico dei dottori in servizio presso il carcere e non di quelli del Rummo. Di qui il coinvolgimento dei tre medici della struttura detentiva – sono difesi dagli avvocati Angelo Leone, Nino De Piero e Benedetto Di Maio -, chiamati in causa per omicidio colposo. I familiari di Taddeo sono rappresentati dagli avvocati Vincenzo Sguera e Luca Russo.
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