di Luciano Trapanese

La guerra del cuore tra l'ospedale Moscati e il Rummo. O meglio dell'angiografia. Una polemica, esplosa nei giorni scorsi, che riporta in primo piano un tema come quello dell'organizzazione sanitaria regionale, che sottende al delicato rapporto tra medici e strutture, e inevitabilmente mette in discussione le sorti di pazienti inutilmente sballottati da una città all'altra, in questo caso da Benevento ad Avellino. Andata e ritorno. Per nulla, o quasi.

Lo conferma una nota inviata dal direttore sanitario dell'azienda ospedaliera Moscati, Maria Concetta Conte, inviata ai colleghi della struttura sannita. La questione è iniziata con il guasto dell'angiografo nel laboratorio di emodinamica del Rummo. Ora, nel rispetto del piano regionale della rete Ima (infarto miocardico acuto), la struttura ospedaliera avellinese ha assicurato il servizio ai pazienti beneventani. Un impegno notevole, soprattutto in considerazione della carenza di personale, resa più acuta dal periodo estivo. Ma anche un impegno che deve essere assicurato. E per ovvi motivi: i pazienti colpiti da attacchi cardiaci non possono certo aspettare. E se è stata istituita una rete di pronto intervento è anche e soprattutto per arginare situazioni di questo tipo. Come appunto il guasto di un macchinario.

Ma qual è il punto? Presto detto: da Benevento dovrebbero essere trasferiti solo i degenti colpiti da infarto miocardico acuto sopraslivellamento (Ima st up). Per intenderci, quelli che hanno davvero necessità di una angiografia urgente. E invece, cosa accade? Che – come sostiene il direttore sanitario del Moscati – su dieci pazienti arrivati da Benevento, ben otto non rispondevano a queste caratteristiche. Potevano quindi essere tranquillamente curati al Rummo.

E proprio per questo motivo è stato chiesto all'unità operativa complessa di cardiologia dell'ospedale beneventano di riprendersi i pazienti che erano stati trattati e stabilizzati al Moscati.

Avanti e indietro, dunque. E con una patologia cardiaca. La domanda è: davvero un primario di cardiologia (dottor Marino Scherillo, in passato in corso per lo stesso incarico al Moscati), non comprende se per i suoi malati sia o meno necessaria una angiografia? O anche: è solo una questione “burocratica”, o la reazione della direzione sanitaria avellinese è stata così decisa perché il mancato rispetto del “protocollo” della rete Ima rischia di compromettere il funzionamento del reparto al Moscati?

Una cosa è certa: la “solidarietà” tra strutture (prevista anche dalla rete Ima), è stata assicurata dal centro ospedaliero avellinese. Ma l'arrivo di pazienti beneventani che – secondo il direttore sanitario - non rispondevano alle urgenze previste dal “protocollo” ha rischiato di compromettere il servizio anche nel capoluogo irpino. Trasformando quindi una rete (che è anche una soluzione ovvia per alcune patologie), in un imbuto. Evidenziando la delicatezza delle dinamiche che regolano la collaborazione tra ospedali. E anche tra singoli reparti.

L'incidente tra Moscati e Rummo è significativo anche per questo. Va al di là delle ripetute questioni che affliggono la sanità (in particolare quella campana): carenza di personale e fondi. E dimostra come, in un equilibrio già precario, e di fronte a precisi piani regionali, basti poco per compromettere il funzionamento di un servizio e l'efficiente intervento dei medici, anche in casi urgenti per antonomasia, come quello da prestare per chi è colpito da un attacco cardiaco.