Caserta

Inventarsi un mestiere, o meglio, individuare un territorio di caccia e appunto, cacciare. E' quello che ha fatto Germano Milite, giornalista ed esperto di comunicazione web e social, diventato "cacciatore di fuffa". 
Ecco: avete presente quegli annunci che promettono in cambia di qualche centinaio di euro o più di insegnarvi i segreti del profilo perfetto con milioni di follower ai vostri piedi? Fuffa, appunto, con relativi venditori: prede di Germano e non solo. 

Da circa un anno, sul tuo giornale young.it e su un gruppo Facebook dedicato, hai lanciato la rubrica "Fufflix": un genere unico, che smaschera i venditori di fuffa del web. Innanzittutto: quanta fuffa gira sui social?
Beh tantissima, ecco perché oltre a Fufflix di recente insieme a Claudio Michelizza di Bufale.net e Alessandro Norcia de “Il Gatto e la volpe nel web” abbiamo lanciato Scam Busterz, iniziativa con la quale abbiamo unito le forze ed il network per contrastare il dilagare di pubblicità ingannevoli, pratiche commerciali scorrette, promesse di ricchezza facile e rapida e tutta una serie di amenità e messaggio fuorvianti che per anni, complici anche i tanti publiredazionali diffusi senza verifica, hanno letteralmente infestato le SERP di Google e le bacheche dei social. Noi abbiamo l’obiettivo, attraverso fact cheking e monitoraggio costante, di offrire un’alternativa ai contenuti promozionali ed autoreferenziali che compaiono ovunque, sia sui motori di ricerca che appunto sui social. La gente deve potersi fare un’idea precisa di un prodotto e/o servizio, prima di acquistarlo. Potendo contare non solo su contenuti come advertorial, pubblicità e publiredazionali, senza contare le false recensioni positive ed i falsi commenti entusiasti che compaiono ad esempio sotto le Ads di Facebook. 

Chi è il "fuffaro" tipico e come è possibile riconoscerlo?
Esiste un frasario tipico, prima di tutto. Vanno molto le “rendite passive automatiche”, il “guadagna lavorando da casa quando vuoi” ed il “creati un secondo stipendio”. Il mercato del cosiddetto “infobusiness”, ovvero la rivendita di informazioni tramite corsi pre-registrati, è cresciuto a dismisura negli ultimi anni ed ha visto la nascita di quello che io chiamo “esercito dei cloni”: personaggi tutti uguali, nei modi, negli scatti fotografici condivisi (sono spesso in auto di lusso, ville, piscine e ristoranti costosi) e come dicevamo nel linguaggio. La demonizzazione del posto fisso e del lavoro da dipendente, oltre che di altri fantomatici guru che “non ti stanno dicendo la verità”. Il fuffaguru, infatti, tenta di differenziarsi prima di tutto parlando male di altri suoi colleghi. Non fa mai nomi e cognomi, ma denuncia la fuffa altrui per far intendere di essere diverso. Poi sfrutta ogni leva emotiva possibile senza alcuno scrupolo. Ora ovviamente si parla di “fare business nell’era Covid e post covid”. Si specula sulla pandemia e sulla perdita di lavoro e certezze che tanti hanno subito, per presentare sistemi di business vecchi e mercati saturi (Amazon FBA, Dropshipping/Private Label, SMMA, Selfpublishing ecc) per grandi innovazioni facilmente sfruttabili “anche senza competenze” e “con poco budget”. Chiariamo: si possono anche fare soldi con questi sistemi, ma è appunto complesso, richiede tempo, esperienza e soprattutto denaro. Concludendo e parafrando “Vulvia” di Corrado Guzzanti, dunque, il fuffaro tipo è un cercatore di cercatori di opportunità, che rivende sistemi e business costosi e complessi come strumenti semplicissimi ed alla portata di chiunque. Insomma, la classica pillola che “ti brucia i grassi mentre dormi così dimagrisci senza fare la dieta”. Ecco: non è possibile e sarebbe ora di smettere di credere a certi messaggi. 

 Perché quella del fuffaro è una (s)figura (non)professionale che si è moltiplicata negli ultimi anni?
Proprio però ciò che abbiamo esposto nel punto precedente: i messaggio fuorvianti ed ingannevoli che promettevano ricchezza ed opportunità alla portata di chiunque. Sembra incredibile, ma quando sei disperato, isolato, frustrato e provi insomma sentimenti negativi che ti spingono a voler rifuggire dalla quotidianità che stai vivendo, sei molto più predisposto a credere in formule magiche e semplici per svoltare, crearti una seconda occasione (aka “entrata economica alternativa”). Il mito del “secondo stipendio” senza far nulla ha funzionato molto, insieme ai funnel automatizzati. Ma le cose sono cambiate moltissimo e, anche grazie al nostro costante lavoro, sempre più persone si sono “immunizzate” ed oggi sono molto più attente e difficili da acquisire come “clienti”. Considera, poi, che al contempo la stessa esplosione del fenomeno fuffaguresco ha alzato la competitività del settore, i costi e quindi le barriere all’ingresso. 

C'è un "Santo Graal" che permette di acquisire popolarità e ovviamente soldi "seguendo pochi e semplici mosse" agli utenti social, siano privati o aziende?
No, ovviamente. I passi o “le mosse” da fare non sono poche, né semplici. Al contrario, sono tanti, complessi e costosi. Se vuoi è addirittura banale: salvo vincite di lotterie o bravura immensa ed ottima fortuna nel trovare un mercato nuovo con bassa barriera d’ingresso (come hanno fatto certi “guru” inizialmente), togliendo ovviamente anche i sistemi truffaldini, per fare soldi ci vogliono competenze, esperienze e durissimo lavoro. Lo so che è un messaggio poco “sexy”, ma è la verità. E noto che, in generale, sempre più persone sono stanche degli incantatori di serpenti e di chi fa promesse roboanti e poco credibili. Del resto, anche chi si è infilato furbescamente e con qualche capacità in mercati fruttuosi senza badare ad etica, rispetto dei clienti e visione di lungo periodo, si è trovato a doversi inventare nuovi modi per guadagnare. Spesso è dovuto fuggire all’estero, non solo per ragioni fiscali. 

La tua attività ti ha fruttato delle ritorsioni: hanno oscurato il tuo canale per segnalazioni discutibili, peraltro degli "oggetti" delle tue inchieste... sembra un processo un po' farraginoso. No
Sì, dico senza mezzi termini che in realtà le segnalazioni inviate dai protagonisti della mia ultima inchiesta erano totalmente infondate, strumentali. Inviate con il solo scopo di censurare la nostra inchiesta, ritenuta evidentemente scomodo e posizionatasi tra i primi risultati di Google. Prima hannio segnalto due video caricati sul canale Youtube di Young, ottenendone la momentanea rimozione e, per qualche giorno, addirittura il ban dell’intero canale, sparito del tutto. 
L’assurdità della vicenda è dovuta agli automatismi di Google, che in casi come questo possono dare involontaria ma cruciale manforte a chi vorrebbe appunto limitare la libertà di stampa e nascondere inchieste sgradite. 
Interpellato dai nostri legali ed anche da un collega de La Repubblica, Google ha risposto che si era trattato di un errore e ci ha ripristinato sia il canale che l’inchiesta, ora presente in secondo risultato nella prima pagina della SERP. 
La segnalazione di violazione copyright, infatti, che riguardava un semplice estratto di 37 secondi ripreso da un video di un’ora, era come detto del tutto infondata e strumentale. Senza l’intervento di un grande editore e del nostro avvocato Paolo Cesiano, staremmo probabilmente ancora scontando un’ingiusta ed inaccettabile censura involontaria. 
Credo che Google, gestendo un monopolio de facto per il traffico di ricerca ed avendo enorme penetrazione per quanto riguarda le videoproduzioni con Youtube, dovrebbe preoccuparsi di aprire dei canali dedicati almeno alle testate giornalistiche registrate, perché ovviamente la giusta tutela del diritto d’autore non deve sovrastare preventivamente il diritto di cronaca e critica, costituzionalmente sanciti. Soprattutto quando, come in questo caso, non è stato violato alcun copyright.