Raccogliere il commento a caldo di una partita è come maneggiare una cassa di nitroglicerina: basta poco o finanche nulla per farla esplodere. Proprio come è accaduto nel post-gara di Catanzaro – Avellino. In città, da ieri sera, non si parla d'altro che del fuori onda tra Piero Braglia e Michelangelo Freda. Un dibattito aspro, al quale non ci sottraiamo con una nostra riflessione, che si spera possa essere costruttiva.
Bisogna partire da un presupposto. Il primo errore che si può commettere è quello di giudicare o attribuire responsabilità non essendo presenti, in prima persona, sul posto. Non conoscendo cosa sia esattamente capitato o abbia preceduto lo scambio di opinioni, acceso, e ormai ampiamente noto. Ve lo dice chi, per anni, ha vissuto l'esperienza delle interviste in diretta e che nel 2019, a Monopoli, con Capuano davanti, ha sperimentato una vicenda del genere. Il mister era intervistato da un'altra tv, allungò l'orecchio e fraintese una domanda all'ex proprietario Circelli, volta a sottolineare la bontà del suo operato, in quel momento storico, dopo una splendida vittoria per 2-0. Capì, Capuano, che stessi chiedendo se valeva la pena confermarlo quando in realtà stavo evidenziando che si stava meritando di guidare la squadra, a prescindere da ogni tipo di valutazione che la nuova gestione, di lì a poco, avrebbe posto in essere. Successe il finimondo.
Ma la diretta è la diretta. Può succedere anche questo perché non c'è spazio per chiarirsi, una volta che tutto è iniziato. Se l'uovo si spacca, anche per una semplice incomprensione o un malinteso, la frittata è inevitabilmente servita e cuoce sulla padella della tensione e dell'adrenalina, che chi arriva davanti al microfono ha ancora nelle vene; che può far perdere lucidità così come quello che in tv non si vede: via vai di persone, alle volte accompagnato da chiasso; tempi da rispettare, più di due occhi da tenere aperti per gestire, con l'aiuto degli addetti stampa, il traffico di ospiti in modo da non perdere contributi mentre tutti hanno fretta di andare a casa e di terminare la giornata, pur essendo sottoposti all'obbligo di presentarsi a parlare.
Ecco, più che schierarsi bisognerebbe capire cosa ha portato a scatenare la tensione, per giunta dinanzi alla tv del presidente per cui, a meno che Braglia non sia un masochista, avrà sbottato per qualcosa che andrebbe quantomeno approfondito. Ciò che è certamente da condannare sono i toni, poco urbani, che sono sempre sgradevoli. Per le più basilari regole dell'educazione. Le parolacce, gli insulti, vanno condannati. Sempre. A maggior ragione perché espressi davanti a microfono acceso. Una umiliazione pubblica che non può che suscitare la piena solidarietà al collega Michelangelo Freda.
La stessa espressa, con una nota, dall'Ordine dei Giornalisti della Campania, che sta, però, facendo discutere sia per l'imprecisione della ricostruzione di quanto accaduto, poiché la reazione non è affatto arrivata dopo una domanda di Freda (che non ha neppure partecipato all'intervista), sia per la sottolineatura, fuori luogo, relativa alla presunta frustrazione “in seguito ai risultati fallimentari” di una squadra che, finora, ha perso 2 sole partite in campionato; resta terza in classifica e lotterà in caso, passando nella peggiore delle ipotesi attraverso i playoff, per la promozione in Serie B.
Va in archivio una brutta pagina, che lascia, però, un insegnamento: alzare i toni non giova, mai, davvero a nessuno.