Benevento

Era l'udienza riservata al suo controesame, Bartolomeo Velardo avrebbe dovuto sedersi dinanzi al Tribunale e rispondere alle domande dei difensori degli imputati. E' prevedibile che sarebbero state tante e che avrebbero richiesto un bel po' di tempo, ecco perchè, complice anche la presenza di un altro processo a rischio precrizione, l'appuntamento è slittato al 12 aprile. Quando in aula si tornerà a parlare della presunta tangente che gli sarebbe stata chiesta, a Cusano Mutri, sugli interventi di somma urgenza, già liquidati, per la sistemazione delle sponde del torrente Titerno dopo l'alluvione dell'ottobre 2015.

Si tratta di una vicenda per la quale sono stati spediti a giudizio Giuseppe Maria Maturo (avvocati Antonio Barbieri e Marcello Severino), 55 anni, dal maggio del 2014 sindaco di Cusano Mutri, Remo Di Muzio (avvocati Giuseppe Francesco Massarelli e Patrizia Pastore), 46 anni, geometra libero professionista, e Nicola Russo (avvocato Alberto Mignone), 49 anni, di Apollosa, all'epoca capo Ufficio tecnico del Comune di Cusano.

Come più volte ricordato, l'inchiesta del pm Assunta Tillo e dei carabinieri, supportata da  intercettazioni telefoniche ed ambientali, e dalle conversazioni registrate dallo stesso imprenditore, era rimbalzata all'attenzione dell'opinione pubblica il 28 giugno del 2018, quando Maturo e Di Muzio erano finiti agli arresti domiciliari, per concussione, sulla scorta di una ordinanza di custodia cautelare adottata dal gip Gelsomina Palmieri. Entrambi avevano respinto ogni addebito, il Riesame li aveva rimessi in libertà dopo aver annullato il provvedimento con una decisione confermata anche dalla Cassazione.

Esaminato dal Pm lo scorso 4 gennaio, Velardo, parte civile con l'avvocato Giuseppe Maturo, aveva spiegato i suoi comportamenti – la rinuncia ai ricorsi, l'accettazione nei suoi cantieri di alcuni operai, la restituzione di una parte dei soldi incassati -con il ricorso all'espressione “pace sociale”. Aveva sostenuto, in pratica, di aver dovuto fare così per continuare a mangiare e non restare emarginato. Affermazioni sulle quali è facile immaginare che le difese andranno all'attacco, con l'evidente obiettivo di dimostrare l'infondatezza dell'accusa.