di Paola Iandolo
La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo e avviato le indagini sulla morte di Vincenzo Russo, 45 anni di Qualiano, deceduto il 13 aprile per una probabile setticemia, al termine di un difficile percorso durato oltre due mesi. Il provvedimento è stato adottato dopo la denuncia presentata dalla moglie, che si è rivolta a Studio3A per far luce sulle circostanze del decesso e sulle eventuali responsabilità dei medici che hanno avuto in cura il marito. Il Pubblico Ministero, dottoressa Federica D'Amodio, ha disposto l'autopsia sul corpo di Russo e ha iscritto nel registro degli indagati due dei medici che lo hanno seguito: la dottoressa P. G., 63 anni, di Pozzuoli, e il dottore G. M., 38 anni, di Santa Maria La Fossa (Caserta). Questo atto è necessario per consentire ai medici indagati di nominare propri consulenti per gli accertamenti tecnici.
Gli accertamenti peritali
L'autopsia, disposta per accertare le precise cause della morte, sarà eseguita da un pool di tre consulenti tecnici: il medico legale dottore Nicola Balzano, l'internista dottore Vitagliano Tiscione e l'anatomopatologa dottoressa Elvira La Mantia. Le operazioni peritali vedranno anche la partecipazione del medico legale dottore Luca Scognamiglio, consulente tecnico di parte messo a disposizione da Studio3A-Valore S.p.A., la società che assiste la moglie di Russo, rappresentata dall'Area Manager per la Campania, dottore Vincenzo Carotenuto.
La ricostruzione
Secondo quanto riferito dalla vedova ai Carabinieri di Quarto Flegreo, il marito, già da due mesi, si era recato all'ospedale San Giuliano di Giugliano (Na) per un forte dolore al petto. Tuttavia, era stato dimesso subito dopo gli accertamenti, poiché gli esami clinici non avevano evidenziato problemi cardiaci e i medici avevano diagnosticato un dolore intercostale. Nei giorni successivi, il dolore è peggiorato e si è esteso al braccio destro, portando Russo, accompagnato dalla moglie, a consultare diverse strutture ospedaliere, tra cui il Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli (Na), il Pineta Grande di Castel Volturno (Ce) e il Cardarelli. Nonostante le cure prescritte dai vari medici, le cui diagnosi erano discordanti, le condizioni di Russo sono progressivamente peggiorate: non riusciva più a stare in piedi, a camminare e aveva smesso di urinare. Il 12 aprile, la moglie lo ha riportato all'ospedale Pineta Grande a causa di febbre alta (oltre 39°), dolori lancinanti estesi a inguine, polpaccio e caviglia, e uno stato semi-confusionale con alternanza di momenti di lucidità e catatonia. I medici del Pineta Grande, riscontrati valori ematici fortemente alterati, hanno comunicato alla moglie che Russo era in pericolo di vita e hanno consigliato il trasferimento urgente al Cardarelli per la valutazione di un ematologo, non disponibile in quel momento nella struttura. La moglie ha provveduto immediatamente al trasporto con mezzi propri, data l'indisponibilità di ambulanze e un'attesa prevista di quattro ore. Inizialmente, i medici del Cardarelli avevano rassicurato i familiari, spiegando che Russo necessitava di una trasfusione e che le sacche di sangue erano in arrivo. Tuttavia, alle 7 del mattino del 13 aprile, la moglie ha ricevuto una telefonata dal nosocomio partenopeo che la informava del decesso del marito per arresto cardiaco, causato, secondo il medico curante, da una setticemia in corso. Sconvolta dalla prematura e inspiegabile perdita, la vedova ha deciso di rivolgersi alla magistratura tramite Studio3A per fare chiarezza sull'accaduto. L'esito dell'esame autoptico sarà determinante per fornire le prime risposte.