Avellino

Osvaldo Sarnelli è uno storico avellinese, amante dei monumenti storici di Avellino. Ecco come vorrebbe vederla restaurata.

"Prima di dover argomentare su di essa, vorrei esprimere, sinceramente, il mio pieno rispetto verso la nuova Amministrazione Comunale, come avuto anche per quelle passate. Ribadisco anche, di dover manifestare un caloroso rispetto all’etica professionale di quei colleghi Ingegneri ed Architetti che stanno contribuendo al suo restauro, specifici professionalmente nel risanamento di opere antiche.

Qui, io intervengo come ricercatore storico, degli anni ottanta del secolo scorso, amante dei monumenti della mia città, e quindi vorrei esprimere sulla Dogana un mio personale parere sul suo restauro.

Recuperare i pezzi trafugati

Prima di tutto rimpiango, come, sicuramente, anche molti miei avellinesi, la mancanza di quei particolari pezzi monumentale storici che si trovavano sul prospetto della Dogana, in corrispondenza della copertura, portati erroneamente, dalle passate Amministrazioni Comunali, alle spalle del Duomo per poi essere stati trafugati. Ma se si vorrebbe ridare dignità alla Dogana della loro mancanza, basterebbe farli realizzare, della stessa fattispecie, dagli enti preposti alla salvaguardia ed al restauro delle opere antiche, con la possibile collaborazione economica di facoltosi avellinesi e ditte affermate. Insomma, riportare come prima, in corrispondenza della copertura della Dogana, i citati mancanti otto pezzi storici monumentali.

Il restauro dell'ingresso principale: ecco cosa fare

Entrando ora nel merito al suo restauro, constatato che la sua bellezza è nel prospetto principale, sarebbe l’ideale far primeggiare l’ingresso centrale, rispetto ai due laterali, con una bellissima scalinata a ventaglio ellittica, ridotta anche ad un piano inclinato.

Il predetto ingresso, nel prospetto principale, risultava l’unico ingresso che esisteva fin dalla costruzione della Dogana, conservato nei secoli, come rilevasi dal prospetto fotografico del Pacichelli del 1722, dipinti dell’800 e dai primi trent’anni del secolo scorso. Ecco perché, ritengo che deve avere, storicamente, una maggiore rilevanza, nel prospetto principale, rispetto ai due ingressi laterali.

Il Progetto del 1920

Il bello è anche veder realizzate quelle due massicce banchine in pietra, che esistevano ai lati dell’ingresso centrale, in tutta la loro linearità e profondità, utilizzate nei periodi di mercato, e davano anche la comodità di potersi sedere. Si dovrà però distanziarli, per un breve tratto, dall’ingresso centrale, e non a filo di esso. Certamente, non sarà possibile realizzare, ai vertici della citata scalinata esterna, quei quattro piedistalli in pietra, sormontati da sfere dello stesso materiale.

Se non ancora fatto, ritengo di intervenire a ricalcare con esattezza, al di sopra delle predette banchine, quei rilievi di sagome di conci in tufo, inseriti all’interno dei loro riquadri, facendoli meglio emergere dalla parete verticale, completando il tutto con due sottostanti anelloni in ferro antichizzati.

Riguardo poi alle cinque inferiate degli archi circolari della Dogana, sovrapposte tre ai suoi ingressi, darebbero un’aspetto migliore se venissero realizzate della stessa orditura di quelle riportate agli inizi del secolo scorso: a ventaglio circolare, distinguendo quella centrale, e realizzandole in un consistente ferro antichizzato o altro materiale sempre antichizzato.  

Se non fatto, ricalcare esattamente, al di sopra dei tre ingressi, nei dettagli e nei particolari, tutte quelle sporgenze, rilievi di riquadri, curve e lesene che si stagliavano prima, in quella profondità spaziale, ove emergevano nel loro biancore, in quella bellezza marmorea, le varie statue mitologiche. Infatti, i due riquadri rettangolari posti, ai lati dell’antica iscrizione in marmo, dovrebbero avere in altezza, la stessa dimensione che avevano prima, allineandosi con i riquadri laterali.

Nel progetto di restauro mancano le antiche tegole

Mancano su quel cornicione a sbalzo, del prospetto principale, sovrastante i sottostanti monumenti, le antiche tegole in coppi, che erano presenti nell’800, fino al sisma del 1980. Verificare, inoltre, se il suo sbalzo corrisponde almeno alla lunghezza di un antica tegola a coppi, più aggettante verso l’esterno a protezione dei sottostanti monumenti.

Per l’interno, esso fino alla prima metà dell’ottocento si sviluppava in vari soppalchi di legno, ove veniva depositato il sale, grano, orzo, etc. Quindi l’ideale e riportare su alcune strutture interne il colore del legno, come pure sulle porte interne e quelle massicce esterne.

I dubbi sul colore esterno della Dogana

Riguardo, poi, al colore esterno della Dogana, esso riveste una attenta riflessione, trattandosi di un argomento molto delicato, particolarmente quando si interviene sul suo prospetto principale. Ritendo, già in partenza, che la Dogana deve avere quell’aspetto dell’antico, come avuta nei secoli passati. Un riferimento lo possiamo trarre da alcuni suoi dipinti dell’800 e da foto dei primi trent’anni dello scorso secolo. Da alcune di esse, si rivela che la sua bellezza si manifestava nel colore del tufo, che costituiva, come tutt’ora, la sua muratura portante esterna. Negli anni 60 e 70 l’intero prospetto della Dogana presentava un colore sul marroncino chiaro.

Se guardiamo i fabbricati che costeggiano la strada che conduce al Duomo hanno il colore giallo. Lo stesso colore si ripete ai lati e sulla parte retrostante del Duomo. Si evidenzia ancora il colore giallo alle due chiesette e alla Camera di Commercio di Piazza Duomo. Il fabbricato di Victor Hugo presenta ancora evidenti tracce di colori giallo. L’antica chiesa di S. Anna di via Rifugio e quella di via Clausura riportano il colore giallo. Il Palazzo del Vescovo, ricostruito dopo gli eventi bellici del 1943, ricalca in maggiore percentuale il giallo. Il palazzo dell’Anagrafe Comunale ha il colore giallo. La Scuola Agraria riporta anch’essa il colore giallo. Il fabbricato del Catasto è giallo.

Inoltre, ad Avellino primeggiano quei fabbricati di colore giallo.Sono dei gialli più tenui o più marcati. L’ideale è anche quella, con le nuove tecniche di combinazione dei colori, riprodurre il colore del tufo, creando, con leggeri rilievi, sagome di conci.

Se guardiamo l’antica Torre dell’Orologio, la sua bellezza che la distingue e la fà emergere, nel contesto di tutti quei fabbricati che la circondano, è in quella maestosa, meravigliosa muratura di tufo. Potrebbe essere così anche la Dogana, che andrebbe, certamente, in armonia con la vicina Torre.

Il modello del carcere borbonico

Se guardiamo il Carcere Borbonico, la sua bellezza, che lo fa emergere in quel contesto urbano che lo circonda, è nel colore dei suoi antichi mattoni. Intonacare di bianco, quasi tutta la Dogana, sarà anche bello, ma non rispecchierà mai quell’antico che aveva avuto nei passati secoli. Non escludo l’utilizzo del colore bianco, ma in percentuale ridotta, riportandolo, ben studiato, solo in alcune zone di essa.

Poiché è stato sempre risaputo che la Torre dell’Orologio e la Dogana di Avellino sono e rappresenteranno, sempre, i due massimi monumenti emblematici della città di Avellino, ossia l’immagine del Comune di Avellino, sarà sempre irrilevante ogni sacrificio di spesa che verrà fatto per essi.

Ed ora pregherei, cortesemente e con rispetto, la sindaca Nargi e i suoi collaboratori ad avere, almeno, una piccola riflessione sul colore definitivo esterno da riportare all’antica Dogana.

PARTICOLARI STORICI DELLA DOGANA

Nel locale della Dogana posto sopra l’Arco della via Beneventano, veniva crivellato il grano. Nel 1840, gli archi sovrapposti ai quattro ingressi dei quattro lati della Dogana, avevano la forma della coda del pavone".