Il botta e risposta tra Matteo Salvini e Antonio Tajani sui dazi ha scoperchiato una frattura interna alla maggioranza, rivelando approcci divergenti nella gestione delle relazioni con gli Stati Uniti. Se da un lato il ministro degli Esteri Tajani ha ribadito il ruolo centrale dell’Unione europea nel negoziato, dall’altro il collega leghista delle Infrastrutture ha invocato maggiore autonomia nazionale e obiettivi chiari. La premier Meloni resta fedele alla linea “dazi zero”, condivisa da Tajani, ma smentita nei fatti dal ministro dell’Economia Giorgetti, che punta su una trattativa pragmatica per ottenere un compromesso sostenibile.

Una visione frammentata

Il governo tra realismo e propaganda

La posizione realista di Giorgetti, favorevole a dazi moderati sul modello britannico, sembrava raccogliere il consenso dell’esecutivo. Tuttavia, la minaccia di Trump di innalzare le tariffe al 50% ha ridato fiato alle voci più oltranziste, come quella di Salvini, pronto a giustificare l’approccio protezionista americano. Questo atteggiamento ha infastidito Forza Italia, che si è sentita costretta a intervenire per difendere l’Unione europea e denunciare l’intransigenza della Casa Bianca come causa del blocco nei negoziati.

Equilibri in bilico

Tensione latente nel centrodestra

Il contrasto sui dazi non è un episodio isolato. L’alleanza di governo mostra da tempo segni di logoramento anche su altri fronti economici. Fratelli d’Italia attacca la Consob sulla gestione del Golden Power in operazioni bancarie, Forza Italia vuole riformarlo, mentre la Lega lo difende. Sul fisco emergono poi strategie distinte: Salvini propone una rottamazione in 120 rate, Leo di FdI vuole una sanatoria più mirata, e Forza Italia insiste sul taglio dell’Irpef per il ceto medio.

Le ragioni degli USA

Trump usa i dazi per ridurre il debito

Un’analisi dall’esterno, proposta da Arrigo Sadun del FMI, chiarisce la razionalità della mossa americana. Trump mira a utilizzare i dazi come fonte di entrate fiscali per sanare il disavanzo esploso col Covid. Secondo Sadun, un’imposizione generalizzata tra il 10 e il 20% potrebbe generare fino a due trilioni di dollari in un decennio.

Il peso dell’Italia

Un ruolo marginale nel confronto con Washington

Nonostante le polemiche, l’Italia non siede formalmente al tavolo con gli Stati Uniti. Il suo contributo si limita a tentativi di mediazione tra le posizioni europee e le esigenze interne. Il dibattito in corso resta emblematico di una maggioranza divisa e incapace di elaborare una linea economica condivisa e coerente.