Cominciamo dalla fine, o meglio da quella che una volta era la fine di una stagione calcistica e che ora (almeno per l'anno in corso) non lo è più. E partiamo proprio dalla tanto attesa finale tra Paris Saint Germain e Inter, appena svoltasi in Germania all'Allianz Arena di Monaco di Baviera.
Il risultato - ma mai quanto la prestazione offerta dalla squadra nerazzurra - è stato vergognoso per il club milanese e per il calcio italiano in genere. Alla fine alcuni - un altissimo dirigente e l'allenatore della perdente, ma anche qualche sfrontato componente di federazione, stampa o istituzioni politiche - l'hanno messa in caciara (come si suol dire), enfatizzando il virtuoso (e molto remunerativo) percorso compiuto dalla formazione italiana nella competizione di cui meritatamente disputava la finale, più che la sua ignominiosa conclusione.
Insomma, si può ragionevolmente dire che quella vissuta sabato sera è stata una pre-fine, un po' come accade (vista la prestazione offerta dai milanesi) per la pre-morte, la Near Death Experience (NDE) anglosassone, quell'esperienza in cui "alcune persone riportano di aver vissuto in condizioni critiche o dopo aver subito un arresto cardiocircolatorio o altri eventi che possono portare alla morte clinica. Queste esperienze sono caratterizzate da una serie di sensazioni e visioni, tra cui l'uscita dal corpo, sensazioni piacevoli, la visione di un tunnel e di una luce, e il passaggio in rivista della propria vita".
A occhio e croce sembra quello che è accaduto a tutti i nerazzurri (dirigenti e staff compresi), i quali tuttavia non paghi di aver avuto questa drammatica esperienza paracognitiva, di aver disputato ben "20 partite più del Napoli" e di essere arrivati sul più bello più sfiniti di Dorando Petri ai metri finali della maratona olimpica di Londra del 1908, ora si preparano, con l'aria di chi alla guerra proprio non ci vuole andare, a disputare un altro torneo, quel Mondiale per Club dal montepremi di un miliardo - l'esclamazione che segue potrebbe essere la stessa di quella del suocero del professore Bellavista ogni volta che qualcuno nominava il fatidico milione.
Stendo un velo pietoso sulle regole del (nuovo) gioco, so solo che quando il prode Peppe Marotta si presenta davanti alle telecamere, accampando scuse puerili e anche un po' perfide, dovrebbe dire al mondo innanzitutto che la giostra che spreme i calciatori come limoni e arricchisce federazioni, club e dirigenti lui ha contribuito in modo rilevante a metterla in piedi, fidando su prestiti e saldi (questi sì) di fine stagione.