Bonito

"Negli ultimi anni, l’idea di un’"emergenza cinghiali" è diventata centrale nel dibattito pubblico, spesso alimentata da disinformazione e soluzioni inefficaci. Si parla di abbattimenti come unica soluzione, senza considerare che la vera causa della proliferazione dei cinghiali è la caccia stessa. La responsabilità della caccia nella diffusione del cinghiale.

Il cinghiale non è sempre stato presente sul territorio italiano nella misura in cui lo è oggi. Fino agli anni ’70, era raro in tutta la penisola e non rappresentava un problema per l’agricoltura. Tuttavia, il mondo venatorio ha deciso di introdurre il cinghiale per scopi di caccia, immettendo esemplari d’allevamento e individui provenienti dall’Est Europa, più grandi e prolifici".

E' quanto afferma in una nota Emilio Merola, delegato responsabile sezione Lac Avellino e sezione Lida Bonito - Av-Odv-Ets.

"Oggi, la caccia non solo non ha risolto il problema, ma lo ha amplificato:

• L’uso dei cani da caccia costringe i branchi a uscire dalle zone boschive, li disperde e li disgrega, portandoli a colonizzare nuove aree agricole e urbane.
• L’abbattimento mirato degli adulti provoca squilibri nella struttura sociale dei branchi, anticipando la riproduzione delle femmine giovani e aumentando il numero di cucciolate.
• Gli incidenti stradali aumentano proprio durante la stagione venatoria, perché gli animali, terrorizzati, attraversano le strade alla ricerca di rifugi sicuri.

Nonostante l’aumento del numero di cinghiali abbattuti, i danni alle coltivazioni e gli incidenti stradali non diminuiscono. Anzi, peggiorano anno dopo anno.

Un debito ambientale addebitato agli stessi responsabili. Se davvero i cinghiali fossero un’emergenza, la prima fattura per i danni dovrebbe essere recapitata direttamente alle associazioni venatorie che hanno creato il problema. Sono loro che hanno alterato l’equilibrio naturale e ora fingono di essere la soluzione.
Sfatiamo i miti: il cinghiale non è pericoloso

Il cinghiale è una specie elusiva e non rappresenta una minaccia per l’uomo. Può diventare aggressivo solo se viene messo alle strette o se una femmina percepisce un pericolo per i suoi cuccioli. Gli attacchi agli esseri umani sono rarissimi e derivano sempre da comportamenti irresponsabili, come l’inseguimento dell’animale o il ferimento con armi da fuoco.

I rischi maggiori li corrono i cani da caccia e gli stessi cacciatori, quando gli animali feriti reagiscono per difendersi.

Come gestire il problema senza ricorrere alla caccia. La soluzione esiste e non passa per l’abbattimento indiscriminato. Le misure più efficaci e sostenibili includono:

1. Divieto di caccia e di allevamento.
Per interrompere il ciclo di proliferazione, è necessario vietare l’allevamento e il trasporto dei cinghiali, evitando nuove immissioni abusive nel territorio.
2. Stop alla commercializzazione della carne.
La vendita della carne di cinghiale alimenta la domanda e incentiva la caccia, rendendo impossibile un controllo efficace della popolazione.
3. Recinzioni elettrificate.
Le moderne recinzioni elettrificate, alimentate da pannelli solari con sistemi antifurto, sono molto efficaci nel proteggere le colture e possono durare fino a dieci anni con la giusta manutenzione.
4. Dissuasori acustici ad ultrasuoni.

Questi dispositivi emettono suoni variabili che impediscono agli animali di abituarsi, garantendo un effetto duraturo.

5. Pianificazione delle colture.

Piantare cereali meno appetibili vicino alle zone boschive riduce il rischio di danni: l’orzo, per esempio, è molto meno appetibile rispetto al mais.

6. Telecontraccezione e sperimentazione con esche.

Il vaccino GonaCon, oltre alla somministrazione tramite fucile, è stato sperimentato con successo sotto forma di esche. Questo metodo potrebbe semplificare il controllo della fertilità dei cinghiali, riducendo gradualmente la loro presenza senza necessità di abbattimenti.

Agricoltura e caccia: un conflitto di interessi

Molti agricoltori sono anche cacciatori, e questo crea un conflitto d’interesse nella gestione del problema. Il mondo venatorio non ha alcun interesse a ridurre il numero di cinghiali, perché questi animali rappresentano la loro principale preda e alimentano il mercato della carne, sia lecito che clandestino.
Più cinghiali ci sono, più battute di caccia possono essere organizzate, più carne può essere venduta e più il giro d’affari si mantiene florido. È evidente che i cacciatori non hanno alcun incentivo reale a risolvere il problema, ma piuttosto a mantenerlo.

Si spera che il vero mondo agricolo, quello fatto da veri agricoltori e non da chi sfrutta la caccia per interessi personali, possa finalmente prendere coscienza della situazione e agire concretamente per fermare il circolo vizioso creato dai cacciatori.

Un nuovo equilibrio con la fauna selvatica.

La percezione del cinghiale come una minaccia è spesso alimentata da narrazioni ingannevoli volte a giustificare la caccia. In realtà, la convivenza con l’ambiente naturale è possibile, purché vengano adottate strategie di gestione sostenibili e responsabili. Investire nella prevenzione e ridurre l’intervento venatorio potrebbe finalmente portare a una soluzione efficace e duratura.