Il nuovo ruolo di Mps nel risiko bancario
Nel quadro dei movimenti bancari che stanno ridefinendo i rapporti di forza tra le grandi piazze finanziarie italiane (Roma e Milano), il Monte dei Paschi di Siena torna a essere un protagonista di rilevante importanza.
Come spiegato in questo articolo, un’inchiesta trasmessa da Report domenica 1° giugno e curata dal giornalista Giorgio Mottola analizza i retroscena legati alla banca senese, oggi coinvolta in un progetto strategico che va ben oltre l’apparenza: la possibile acquisizione di Mediobanca.
Secondo quanto ricostruito dall’inchiesta di Report, l’amministratore delegato Luigi Lovaglio avrebbe ipotizzato un’operazione di questo tipo già nel 2022, in un momento in cui MPS era appena uscita dall’ennesimo aumento di capitale. Ma l’inchiesta suggerisce che dietro questa iniziativa ci sia anche una volontà politica precisa: aumentare l’influenza del Governo su Assicurazioni Generali, con il sostegno di due importanti soci industriali come Caltagirone e Delfin, presenti nell’azionariato di tutti e tre i gruppi coinvolti.
Una strategia per il controllo di Generali
L’indagine giornalistica ipotizza un disegno articolato, che coinvolgerebbe relazioni politiche e interessi finanziari. L’obiettivo sarebbe quello di rafforzare il controllo statale su uno dei principali poli assicurativi del Paese, Assicurazioni Generali, fulcro del risparmio italiano. L’occasione si è presentata con l’aumento dei tassi d’interesse, che ha generato utili significativi soprattutto per istituti come Mps, strutturalmente più esposti a queste variazioni.
MPS: i ricavi del 2024
I dati del 2024 parlano chiaro: Montepaschi ha raggiunto ricavi complessivi per 4 miliardi di euro, con 2,3 miliardi provenienti dai margini di interesse. Una performance importante per una banca che, non moltissimi anni fa, era sull’orlo del collasso. La crisi culminata con l’acquisto di Antonveneta nel 2008 e il successivo default da 27 miliardi ha infatti richiesto un intervento pubblico da 7,5 miliardi di euro, con il Ministero delle Finanze diventato azionista di riferimento.
L’asta che ha sollevato dubbi
Una delle fasi più delicate di questa vicenda riguarda la dismissione delle quote statali, condizione necessaria per rispettare gli impegni presi con la Commissione Europea al momento del salvataggio. In particolare, l’asta di novembre scorso, organizzata dal Tesoro per cedere una nuova tranche di azioni Mps, ha destato numerose perplessità.
Il mandato per la gestione dell’operazione è stato affidato a Banca Akros, società del gruppo Banco BPM. Secondo l’inchiesta, proprio questo soggetto avrebbe favorito l’ingresso di investitori selezionati: Caltagirone con il 3,6%, BPM con il 5%, Anima con il 4% e Delfin con il 3,5%. La modalità dell’operazione avrebbe escluso una più ampia platea di investitori, non rispettando le consuete prassi del mercato in questo tipo di collocamenti.
Un’acquisizione sotto il costo reale?
Il meccanismo messo in atto avrebbe permesso a questi attori di ottenere una partecipazione rilevante in MPS a un prezzo probabilmente inferiore rispetto a quello che avrebbero dovuto pagare sul mercato. L’ex commissario Consob Luca Enriques, intervenuto nel corso della puntata, ha evidenziato come l’anomalia abbia ridotto la concorrenza e aumentato la concentrazione del controllo. Anche il Financial Times ha riportato il caso, rivelando che Unicredit, pur avendo manifestato interesse, non avrebbe ricevuto risposta da Banca Akros.
Il nodo BCE e il ruolo del Governo
Secondo quanto sostenuto da Report, questa strategia sarebbe stata pianificata già da settembre in accordo con l’esecutivo, al fine di superare gli ostacoli normativi. Infatti, soggetti come Caltagirone e Delfin, essendo attori industriali e non istituti di credito, non possono legalmente detenere il controllo di una banca vigilata dalla BCE, in quanto privi della necessaria licenza bancaria. Per questo motivo, avrebbero fatto leva su MPS come strumento per entrare indirettamente in Mediobanca.
MPS di nuovo al centro
La manovra avrebbe quindi permesso al MEF di ridurre la propria quota in MPS, come richiesto da Bruxelles, e contemporaneamente messo Caltagirone e Delfin in condizione di avanzare verso Mediobanca aggirando le regole europee. Ma l’operazione, secondo Mottola, ha anche un sapore storico: Montepaschi, dopo anni di crisi, torna al centro della scena con un ruolo molto simile a quello che ebbe nel 2008, quando il tentativo di espansione culminò in un tracollo finanziario.
Ora, mentre le autorità europee osservano, la banca senese potrebbe diventare il veicolo per un nuovo capitolo di conquista nella finanza italiana — sempre che Bruxelles e Francoforte non decidano di intervenire.