Napoli

Il giornalista napoletano Carlo Alvino - dalla mente arguta, la lingua sciolta e lo spirito battagliero - ha appena asserito che: "Il Napoli oggi si prende il lusso di far cambiare la geografia politica del calcio italiano. Aurelio De Laurentiis, dopo dieci anni, ha cambiato la geografia: adesso è il Napoli che comanda. Inter, Juventus e Milan, che sono zeppe di problemi, navigano a vista. L’Inter va a bussare alla porta di allenatori sotto contratto e riceve dei ‘no’, la Juve che è costretta a tenersi Tudor…”.

La sua entusiastica asserzione è però gravata da un difetto, il Napoli e il suo presidente non "governano" né i vertici federali (italiani ed esteri) né quelli di tutte le altre realtà - e sono innumerevoli, e tutte con una loro ragion d'essere, nonché di un bisogno di sopravvivenza economica e di immagine - che ruotano intorno a loro. Il Napoli è sì rimasto per tanti anni ai primi posti della classifiche nazionali e ha vinto due scudetti in tre anni grazie alla pervicace e pragmatica (altro che visionaria) azione del patron azzurro, ma è anche vero che tanta enfasi non racconta tutte le sue innumerevoli fragilità. Una società che vuole davvero cambiare la "geografia" del calcio italiano non può vivere "barattando", con un padrone di casa ora distratto e ora mutevole, l'uso di uno stadio che subisce lavori di ammodernamento e di messa in sicurezza un giorno sì e un giorno pure. Né può credere di continuare a vivere in un "piccolo mondo antico" fatto di favori personali (non favoritismi, per carità) e soluzioni dell'ultimo minuto. Un esempio per tutti è il centro sportivo, il cui contratto di fitto è in scadenza e (come Meret) non trova la via di un rinnovo, che sarebbe (questo sì) visionario e progettuale.

Si continua ad andare avanti da anni con roboanti annunci su nuove aree destinate a una casa azzurra finalmente di proprietà, non seguiti però da fatti, che - temo - richiederebbero investimenti che la famiglia De Laurentiis non può (né oggi né mai) permettersi. Il problema non è quanto si è incrementato il valore della SSC Napoli né se il produttore romano la venderà a prezzi più o meno fantasmagorici, non parlando qui di Risiko o di Marcante in fiera, ma se si vuole associare i principi della sostenibilità economico-finanziaria, fin qui così meritevolmente propugnati, a quelli di una riorganizzazione aziendale basata su valori moderni e duraturi. Solo così il Napoli di Aurelio De Laurentiis "governerà" qualcosa che con la "geografia" c'ha a che fare fino a un certo punto, lasciando piuttosto alla "storia" testimonianze di sé inestimabili e indelebili.