Lauro

di Paola Iandolo

La Procura Antimafia di Salerno ha chiesto il rinvio a giudizio per 33 indagati - tra cui Massimo Graziano dell'omonimo clan camorristico operativo nel Vallo di Lauro - coinvolti nel blitz portato a termine dai militari delle Fiamme Gialle lo scorso 5 marzo su un giro di usura, riciclaggio e fittizi rapporti di lavoro finalizzati a favorire l’immigrazione clandestina nell’ambito delle procedure per il click day. Gli indagati che avranno la possibilità di scegliere riti alternativi rispetto a quello ordinario compariranno il prossimo 25 settembre davanti al giudice per l’udienza preliminare Annamaria Ferraioli, presso il tribunale di Salerno.

 L’organizzazione si sarebbe resa responsabile di numerosi reati di usura ed estorsione ai danni di imprenditori e soggetti economici in difficoltà.Parallelamente, attraverso società intestate fittiziamente a terzi, il sodalizio sarebbe riuscito a ottenere finanziamenti agevolati garantiti dallo Stato, ricavando profitti che venivano impiegati sia per finanziare ulteriori prestiti usurari, sia per acquistare beni e altre utilità. Il meccanismo illecito coinvolgeva alcune società di capitali che gli indagati acquisivano, direttamente o indirettamente, controllandone la gestione e simulando solidità patrimoniale e finanziaria, prerequisiti per ottenere prestiti dalle banche garantiti dal Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese. 

Tra le contestazioni figura anche il favoreggiamento per l’ingresso illegale di cittadini extracomunitari tramite la presentazione di istanze per la costituzione di falsi rapporti di lavoro dipendente, attivati da società compiacenti. In particolare, sono state approfondite 506 richieste inoltrate durante i cosiddetti “click day”, con l’intento preordinato di evitare assunzioni reali e ottenere indebitamente i visti d’ingresso, dietro pagamento di 5mila euro per ogni nulla osta rilasciato. Per questa ipotesi era finito in carcere l’ex poliziotto Francesco Bossone, difeso dall’avvocato Walter Mancuso, che ora si trova agli arresti domiciliari dopo l’attenuazione della misura ottenuta dal difensore.