Retromarcia su Patriot e armi difensive. Il 2 luglio l’amministrazione statunitense aveva bloccato temporaneamente le forniture militari all’Ucraina, motivando la decisione con la necessità di preservare le scorte interne. Ma nella notte tra l’8 e il 9 luglio, durante un ricevimento ufficiale alla Casa Bianca in onore del premier israeliano Benjamin Netanyahu, Donald Trump ha annunciato il dietrofront: «Vogliamo dare armi difensive all’Ucraina perché Putin non sta trattando bene gli esseri umani. Sta uccidendo troppe persone».
Con questa dichiarazione, il presidente ha confermato il via libera all’invio di dieci missili intercettori Patriot, richiesti da mesi da Kiev, e ha sottolineato di voler “esaminare molto attentamente” nuove sanzioni contro Mosca. Un cambiamento netto rispetto alla linea prudente adottata nei giorni precedenti.
Il disallineamento con il Pentagono
Il segretario alla Difesa Pete Hegseth e il sottosegretario Elbridge Colby erano stati tra i promotori della sospensione degli aiuti, nell’ottica di spostare l’attenzione strategica dall’Europa all’Asia. Ma proprio Hegseth, seduto accanto a Trump e Netanyahu durante il ricevimento, avrebbe annuito con approvazione all’annuncio presidenziale, pur avendolo osteggiato giorni prima.
In una telefonata con Volodymyr Zelensky — secondo il sito Axios — Trump avrebbe persino detto di non essere stato informato della decisione del Pentagono: «Non lo sapevo». La Casa Bianca, nel frattempo, ha accelerato i contatti con gli alleati europei per rafforzare la difesa aerea ucraina, e ha chiesto ufficialmente alla Germania di valutare l’invio di un ulteriore sistema Patriot a Kiev.
Berlino sotto pressione
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha parlato direttamente con Trump per discutere il trasferimento di una batteria Patriot in attesa del nulla osta statunitense, obbligatorio per il trasferimento di questi sistemi. Berlino ha già consegnato più sistemi all’Ucraina di qualsiasi altro Paese della NATO, inclusi gli Stati Uniti, ma l’interlocuzione rimane aperta. Nessun accordo è stato formalizzato, ma i contatti tra le due diplomazie sono in corso.
Trump attacca Putin: «Dice un sacco di sciocchezze»
Nel suo consueto stile diretto, Trump ha anche preso di mira Vladimir Putin: «È sempre molto gentile con me, ma dice un sacco di fesserie sull’Ucraina». Secondo l’Economist, il presidente americano sarebbe ancora convinto della possibilità di un grande accordo con il Cremlino, ma al tempo stesso si sarebbe accorto di essere stato usato dal leader russo. Ora cerca una via intermedia: non intende continuare a finanziare massicciamente Kiev, ma nemmeno permettere che cada.
Zelensky: “Servono impegni chiari e stabili”
Dal fronte ucraino il sollievo è solo parziale. Il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato che «è di fondamentale importanza mantenere stabilità, continuità e prevedibilità nella fornitura di armi». Ha incaricato il ministro della Difesa di «intensificare i contatti con la parte americana», perché — ha sottolineato — «le dichiarazioni devono tradursi in azioni il prima possibile per proteggere il nostro popolo».
Mosca minimizza ma alza il tono sull’Europa
Il Cremlino, per ora, mostra indifferenza. «Le forniture di armi non sono in linea con i tentativi di promuovere una soluzione pacifica», ha dichiarato il portavoce Dmitry Peskov. E ancora: «Non ci sono state informazioni definitive sull’interruzione o ripresa della consegna di armi americane». Tono più duro invece verso l’Europa: «La linea scelta dagli europei mira a facilitare il proseguimento delle ostilità», ha affermato Peskov. Un’affermazione che fa da contraltare alle parole del presidente francese Emmanuel Macron, che in visita a Londra ha ribadito davanti al Parlamento britannico: «Noi europei non abbandoneremo mai Kiev».