Avellino

Fango e minacce per riprendersi la scena, davanti ai suoi fedelissimi. Lo show di Gianluca Festa impone alcune riflessioni non solo di carattere politico ma anche sul piano sociale e morale.

Sconcertanti le accuse alla sua "ex" vice che lui si vantava di aver creato e fatto diventare sindaco e che ora si prende il merito di aver distrutto, una sorta di dispetto da parte di chi si sente "tradito", dimenticando, però, che in gioco c'erano e ci sono gli interessi degli avellinesi. Del mercato delle vacche e della caccia all'incarico nei giorni della crisi in comune sorprende che proprio lui si scandalizzi. Gravi e inaccettabili, invece, le minacce e le intimidazioni ai giornalisti (a loro va la nostra solidarietà) che alimentano un clima di odio e di veleni che la storia e la cultura della città di Avellino non meritano.

Un dato è certo: c'è un pezzo di città - che ha affollato la sala del Viva Hotel - che riconosce ancora la leadership dell'ex sindaco, nonostante le gravissime accuse formulate dalla Procura sui cinque anni di amministrazione a Piazza del Popolo tra appalti pilotati e concorsi truccati, solo per citare alcuni dei filoni di indagine che hanno travolto Festa e sui quali si attende il verdetto del giudice per le udienze preliminari del tribunale.

E' un aspetto che gli avversari, a cominciare dai partiti, non possono ignorare e che, invece, dovrebbe spingerli a risvegliare le coscienze dell'altra città, rappresentata da quel 46 per cento degli avellinesi che non va a votare e che sembra accettare passivamente tutto quello che accade.

Sorprende, infine, che Festa - già sicuro di tornare sindaco della città - continui a presentarsi come il nuovo che avanza, che scarica sul passato le colpe di debiti e inefficienze amministrative, dimenticando gli anni in cui è stato indiscusso protagonista da vicesindaco con il governo del sindaco Galasso.