Ore decisive per la sanità campana. Oggi nella capitale si tiene il secondo faccia a faccia tra la Regione Campania e l’unità tecnica interministeriale (Economia e Salute) per chiudere definitivamente il piano di rientro dal deficit, dopo 12 anni di commissariamento e misure di riequilibrio. Al tavolo, l’assessore al Bilancio Ettore Cinque e il direttore generale della Salute Antonio Postiglione difenderanno i progressi fatti, mentre il governo valuterà se concedere l’autonomia. Ma sullo sfondo pesano le polemiche politiche e i ritardi strutturali.
I numeri e le battaglie della Campania
La Campania ha superato il commissariamento nel 2019: la norma prevede un triennio di fuoriuscita prima di superare del tutto i vincoli del Piano di rientro. La Regione arriva al confronto con un bilancio in pareggio dal 2013 e il raggiungimento, per la prima volta, della sufficienza nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) in tutte le aree: ospedaliera, distrettuale e prevenzione. Un traguardo sottolineato più volte dal governatore Vincenzo De Luca, che però denuncia una storica penalizzazione: la Campania riceve 150 milioni di euro in meno all’anno rispetto alla quota procapite nazionale.
Intanto, per adeguarsi alle normative, sono stati chiusi i centri nascita con meno di 500 parti annui (come quelli di Sapri, Sessa Aurunca e Piedimonte Matese) e i laboratori analisi sotto le 200mila prestazioni. Una svolta imposta dalla delibera 423, che obbliga le strutture inadempienti ad aggregarsi entro il 30 settembre 2025.
Il nodo risorse e personale
Nonostante i progressi, la Campania sconta ancora gli effetti del Covid, che ha allungato i tempi di uscita dal piano di rientro. Il vero ostacolo? La carenza di personale (dotazione bloccata al 2004, -1,4%) e l’impossibilità di usare fondi propri per assumere o garantire prestazioni extra-Lea.
A lanciare l’allarme è Bruno Zuccarelli, presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli: «La sanità è ostaggio della politica: o si restituisce l’autonomia o si ricommissari. Dopo sei anni, siamo ancora in una paralisi istituzionale». Stessa preoccupazione per Silvestro Scotti (Fimmg): «Il piano di rientro non può bloccare l’Accordo integrativo regionale né la salute dei cittadini».
Verso la svolta?
Se oggi il governo darà il via libera, la Campania potrà finalmente voltare pagina. Altrimenti, il rischio è un nuovo braccio di ferro, con migliaia di pazienti in attesa tra screening ritardati e liste d’attesa. Una partita che, al di là dei numeri, deciderà il futuro di una sanità ancora in bilico tra autonomia e controlli.