Un misterioso caso di morte che assomiglia sempre di più a una tragedia annunciata. Giovanni Marchionni, 21enne di Bacoli (Napoli), è stato trovato senza vita l’8 agosto scorso all’interno di uno yacht ormeggiato nel marina di Portisco, a Olbia. Le indagini della Procura di Tempio Pausania, per omicidio colposo contro ignoti, si stanno ora concentrando su un possibile guasto tecnico che avrebbe rilasciato esalazioni letali, un’ipotesi sostenuta con forza dalla famiglia della vittima.
Per far luce sulla dinamica, i legali della famiglia Marchionni – gli avvocati Maurizio Capozzo e Gabriele Satta – hanno nominato un pool di consulenti tecnici di parte di altissimo profilo. Tra questi spicca la figura dell’ingegnere Antonio Scamardella, noto per aver seguito le indagini sul naufragio della Costa Concordia per conto della Procura di Grosseto. Con lui anche l’ingegnere Filippo Scamardella e il dottor Sebastiano Ackermann.
Domani pomeriggio, alle 15, la Procura conferirà l’incarico ufficiale al suo perito, Giuseppe Salvatore Mangano. Subito dopo prenderà il via l’accertamento tecnico irripetibile sull’imbarcazione. Gli esperti ispezioneranno la sala macchine, l’impianto di condizionamento, la vasca delle acque nere e, soprattutto, il vano batterie. Sono questi, secondo i legali della famiglia, i punti critici da cui potrebbero essersi sprigionati i gas tossici che avrebbero ucciso il giovane Giovanni. La polizia ha già acquisito dichiarazioni di testimoni che riferivano di un "forte odore acido" proveniente dalla barca.
L’autopsia, eseguita nei giorni scorsi, non ha però fornito risposte definitive, lasciando il caso in un limbo in attesa degli esiti delle analisi tossicologiche e istologiche (che richiederanno fino a 90 giorni). È proprio sul fronte medico che si scontrano le due tesi. Da un lato, la famiglia e i suoi consulenti sono convinti di un avvelenamento da gas. Dall’altro, i legali dei proprietari dell’imbarcazione – noti imprenditori nautici campani non indagati e assistiti dall’avvocato Sebastiano Giaquinto – sostengono che dall’autopsia non emerga "nessuna evidenza di avvelenamento", avanzando piuttosto l’ipotesi di un edema polmonare.
A complicare ulteriormente il quadro, l’Inail ha avviato un’indagine parallela per accertare se Giovanni Marchionni si trovasse a bordo per lavoro o per vacanza. Amici e parenti non hanno dubbi: «Era salito su quella barca per lavoro». Se così fosse, la tragedia di Portisco assumerebbe i contorni di un infortunio mortale sul lavoro senza tutele, aggiungendo un ulteriore, gravissimo tassello a una vicenda già profondamente dolorosa.
Mentre la macchina della giustizia si mette in moto con le perizie, una famiglia aspetta di sapere cosa abbia ucciso il proprio figlio e un’intera comunità naviga in un mare di domande ancora senza risposta.