Marzia Capezzuti, originaria di Milano e affetta da un disturbo psichico che la rendeva fragile e vulnerabile, aveva seguito l’ex compagno a Pontecagnano Faiano. Dopo la morte del giovane, rimase a vivere con la famiglia di lui, i Vacchiano. Da quel momento la sua vita cambiò radicalmente: tra il 7 e l’8 marzo del 2022 di lei si persero le tracce. Soltanto il 25 ottobre dello stesso anno, il suo corpo ormai irriconoscibile fu rinvenuto in un casolare abbandonato a Montecorvino Pugliano, segnato da segni di violenza e da un degrado impressionante. A rispondere della morte di Marzia sono oggi Barbara Vacchiano e il marito Damiano Noschese. Con loro, anche alcuni figli, tra cui un minore già giudicato separatamente. Le accuse contestate dalla procura sono gravissime: maltrattamenti, sequestro di persona, torture e omicidio, con un presunto movente legato alla pensione di invalidità che la ragazza percepiva e che sarebbe stata incassata dagli imputati.
La testimonianza di Francesca Squitieri
Nelle ultime udienze, davanti alla Corte d’Assise di Salerno, ha deposto Francesca Squitieri, compagna di uno dei figli di Vacchiano e Noschese. Il suo racconto ha lasciato l’aula attonita: ha riferito di aver visto sul corpo di Marzia dei veri e propri marchi, simili a lettere dell’alfabeto incise con bruciature, come se fosse stata segnata come un animale da allevamento. Secondo la donna, le condizioni della vittima erano progressivamente peggiorate tra il 2021 e i primi mesi del 2022. Dormiva su un materasso steso a terra, con i capelli tagliati malamente, i denti mancanti e segni evidenti di trascuratezza. «Mi disse che le avevano tolto un dente con una pinza», ha dichiarato, aggiungendo che la giovane appariva sempre più debilitata e rassegnata. Non solo la Squitieri, ma anche altre voci hanno riferito di maltrattamenti quotidiani.
Marzia sarebbe stata costretta a sopportare condizioni disumane: segregata in uno sgabuzzino quando arrivavano ospiti, privata delle cure mediche, ridotta a vivere in uno stato di indigenza. A rendere ancora più agghiacciante il quadro sono le accuse di torture: bruciature di sigarette spente sulla pelle, violenze fisiche e psicologiche, umiliazioni continue, fino alla sottrazione di denaro e al completo isolamento dal mondo esterno. Il procedimento in corso davanti alla Corte d’Assise di Salerno continua ad arricchirsi di particolari inquietanti. Le deposizioni dei testimoni, tra cui quella di Squitieri, stanno ricostruendo un contesto familiare chiuso e ostile, dove la vittima veniva trattata come un peso da sfruttare e non come una persona. La giustizia ora dovrà stabilire la responsabilità degli imputati in un caso che non è soltanto cronaca nera, ma anche il riflesso di una drammatica incapacità di proteggere i più fragili.