Il giudice per le indagini preliminari ha disposto arresti domiciliari con braccialetto elettronico per De Simone, l’obbligo di firma per il legale e l’interdizione dalla professione per il commercialista. Si tratta di figure già note nel mondo calcistico, accusate di aver portato al dissesto la Pistoiese attraverso un sistema di bancarotta fraudolenta e false operazioni fiscali. Le ordinanze cautelari sono state notificate al termine degli interrogatori davanti al giudice per le indagini preliminari. Il provvedimento ha colpito l’ex patron Maurizio De Simone, amministratore di fatto della società, già in carcere per altre vicende. Per lui è stato disposto il regime di arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Un destino diverso per i due professionisti che lo avrebbero affiancato nella gestione del club: l’avvocato A. G., 41 anni, dovrà presentarsi quotidianamente alla polizia giudiziaria, mentre il padre, il commercialista A. G., 70 anni, è stato interdetto dall’esercizio della professione per un anno.

Secondo le Fiamme gialle, gli indagati avrebbero messo in piedi un sistema fraudolento finalizzato a drenare risorse e a falsificare la contabilità. I reati ipotizzati spaziano dalla bancarotta fraudolenta all’emissione di fatture false, dalla compensazione di crediti fiscali inesistenti fino all’appropriazione indebita. Il quadro delineato dagli investigatori parla di cinque indagati complessivi: due imprenditori, due professionisti e una “testa di legno” albanese, prestanome utilizzata per schermare la reale catena di comando. A completare il mosaico c’è M.J., trentenne di origine albanese, formalmente titolare della società di diritto inglese subentrata nella proprietà della Pistoiese. Secondo l’accusa, il suo ruolo sarebbe stato solo quello di copertura, consentendo a De Simone di continuare a esercitare il controllo sul club, aggirando così ostacoli e divieti. 

La Pistoiese, dopo un decennio di gestione travagliata, aveva vissuto un passaggio di proprietà che non ha portato la stabilità sperata. Dal cambio con un imprenditore tedesco fino alla società di diritto inglese riconducibile a De Simone, la parabola della squadra si è conclusa con la liquidazione giudiziale aperta l’anno scorso su richiesta della procura. Gli investigatori ritengono che proprio attraverso le operazioni contestate dai magistrati, i dirigenti di fatto e di diritto abbiano portato al dissesto la società, causando il sequestro preventivo di beni per 1,7 milioni di euro. Il nome di Maurizio De Simone non è nuovo agli appassionati di calcio: l’ex patron era già comparso in vicende giudiziarie legate ad altre società, tra cui Avellino e Trapani. Anche i due professionisti campani, padre e figlio, erano noti per precedenti esperienze nel mondo calcistico. La vicenda della Pistoiese si inserisce così in una serie di casi in cui la gestione opaca delle società di calcio diventa terreno fertile per operazioni speculative e pratiche illecite.