Nel corso del raduno leghista sul pratone di Pontida si sono levati dalla platea cori contro Napoli e i cittadini campani. Il più riconoscibile, ripetuto in più riprese, è stato «Vesuvio erutta, tutta Napoli è distrutta», uno slogan di derivazione calcistica che in passato ha già suscitato condanne perché ritenuto offensivo e discriminatorio. La verifica sui fatti ha restituito riscontri convergenti. Sono circolate riprese amatoriali girate tra il pubblico sotto il palco che mostrano gruppetti di partecipanti intonare il coro anti-napoletano; gli stessi frame sono stati rilanciati da esponenti politici e ripresi dai media. Testate nazionali e locali hanno pubblicato articoli in tempo reale e nelle ore successive, confermando l’episodio e collocandolo nel contesto del raduno. Le ricostruzioni giornalistiche combaciano con i materiali video: il canto parte da un segmento della platea, dura alcuni secondi, viene ripreso e amplificato dal brusio, quindi si spegne. Non emergono evidenze che sia stato guidato dal palco.
La posizione ufficiale della Lega
Il partito ha diffuso una nota prendendo le distanze: «cori da stadio volgari e stupidi da parte di pochi, che non rappresentano le decine di migliaia presenti». Esponenti campani del Carroccio hanno ulteriormente minimizzato. Il coordinatore regionale Gianpiero Zinzi ha sostenuto che in mezzo ai presenti c’erano «ragazzi tifosi del Napoli e della Campania» e ha invitato provocatoriamente la famiglia De Luca al raduno del prossimo anno. Il senatore Gianluca Cantalamessa ha parlato di «pochissimi ragazzi» e di «accenni da stadio», ribadendo l’attenzione del partito per il Sud. In mattinata, il segretario Matteo Salvini ha definito quei cori «sciocchi, volgari, stupidi», insistendo sul fatto che si tratterebbe di pochi isolati. Dal centrosinistra e dal Movimento 5 Stelle sono arrivate condanne nette e richieste di scuse ufficiali. Roberto Fico ha definito l’episodio «inaccettabile» per un partito di governo e ha chiesto scuse immediate. Marco Sarracino, responsabile Sud del Pd, ha parlato di «festival dell’odio», legando i cori al clima prodotto dal dibattito sull’autonomia differenziata. Piero De Luca ha definito frasi come «più spiedo, meno kebab» e «Vesuvio erutta…» «inni all’odio e all’intolleranza». Durissimo anche il vicepresidente della Camera Sergio Costa, che ha parlato di «attacco alla dignità di una grande città italiana e dei suoi cittadini».
La voce dissonante: «Non è accaduto niente»
Tra i presenti a Pontida c’era anche Daniela Di Maggio, madre del musicista Giovanbattista Cutolo, che ha descritto un clima di «accoglienza» e ha stigmatizzato quella che ha definito una «strumentalizzazione». La sua posizione, minoritaria nel quadro delle cronache, non smentisce l’esistenza dei cori, ma li ridimensiona nella percezione complessiva della giornata. Il coro contro Napoli nasce negli stadi e appartiene a una tradizione di sfottò ritenuta da molteplici organismi sportivi e istituzionali discriminatoria. La sua comparsa in un evento politico, pur non nuova nella storia leghista, riapre il dossier su linguaggio d’odio, responsabilità degli organizzatori e confine tra libertà d’espressione e offesa territoriale. Le tensioni Nord-Sud e la discussione sull’autonomia differenziata fanno da sfondo, amplificando l’impatto simbolico delle parole. Restano aperte tre questioni: chi siano gli autori materiali dei cori; se vi saranno identificazioni o provvedimenti; come il partito intenda prevenire episodi simili nelle prossime manifestazioni. La richiesta di scuse formali da parte delle opposizioni, al momento, è sul tavolo. L’esito politico dipenderà anche dalla campagna per le Regionali in Campania d’autunno.