Grottaminarda

"Abbiamo letto con attenzione l’appello dei 37 sindaci riuniti a Pietradefusi. Condividiamo la denuncia dei disservizi e del debito dell’Alto Calore Servizi (Acs), ma le soluzioni proposte rischiano di ripetere gli stessi errori del passato". Ecco l'analisi come sempre attenta del comitato Uniamoci per l'acqua.

1. I sindaci non possono limitarsi a protestare

I sindaci non sono semplici manifestanti: sono soci-proprietari di Acs. Il gesto della fascia tricolore ha senso se porta a Roma, davanti al Governo, per pretendere i fondi straordinari necessari al rifacimento delle reti. Ma limitarsi a una parata davanti alla Regione, senza assumere decisioni coraggiose in assemblea, è insufficiente. Prima di tutto i sindaci devono agire come soci, con atti vincolanti a tutela dei cittadini.

2. Amministratore Unico = vecchia ricetta fallita

La proposta di un nuovo Amministratore Unico è il ritorno a una governance verticistica che ha prodotto debiti e opacità. Noi chiediamo una governance collegiale, trasparente e partecipata, con rappresentanza dei Comuni e dei cittadini, KPI pubblici e open data.

3. Gestore Unico Regionale = consegna del territorio

La società unica regionale di gestione equivale a spostare ogni decisione a Napoli, riducendo le aree interne a semplici serbatoi d’acqua. Prima di parlare di accorpamenti serve un piano straordinario di rifacimento delle reti, con fondi nazionali ed europei, e la garanzia di acqua h24 per i cittadini.

4. Emergenza strutturale ignorata

Il documento non nomina la verità più evidente: siamo in emergenza strutturale, non episodica. Le reti disperdono oltre il 50–60% dell’acqua. Lo conferma l’Osservatorio dell’Autorità di Bacino (settembre 2025), che ha classificato Avellino e Benevento a livello di severità “elevato”, con oltre 1.700 l/s di portata persa alle sorgenti di Caposele e Cassano. Senza riconoscere lo stato di emergenza nazionale, nessun piano può reggere.

5. Politica al centro della governance = ritorno al passato

I sindaci parlano apertamente di riportare la “politica” al centro della governance aziendale. È esattamente la logica che ha generato vent’anni di debiti e clientelismo. I cittadini hanno detto chiaramente con il referendum del 2011: l’acqua è un bene comune, non una merce né uno strumento di potere.

Le nostre richieste

- Stop agli aumenti tariffari dove non c’è acqua h24.
- Dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per il collasso strutturale delle reti.
- Governance collegiale, trasparente, con rappresentanza dei cittadini.
- No alla privatizzazione, diretta o mascherata.

L’acqua non può essere ostaggio di logiche politiche né di inerzie gestionali. I cittadini hanno bisogno di soluzioni vere, non di passerelle".