Il ritorno delle sanzioni internazionali. La recente decisione delle Nazioni Unite di ripristinare le misure punitive sul programma nucleare iraniano segna un passaggio cruciale nello scenario internazionale. Lo “snapback” ha riattivato le risoluzioni che erano state congelate dopo l’accordo sul nucleare del 2015, quando la comunità internazionale aveva scelto di allentare le pressioni in cambio di impegni sul contenimento dell’arricchimento dell’uranio. Maryam Rajavi ha accolto con favore questo ritorno alla linea dura, sostenendo che le sanzioni devono essere applicate senza eccezioni e che ogni possibilità di elusione deve essere bloccata. Dieci anni di aperture e abusi. Il riferimento diretto è all’Accordo sul nucleare (Jcpoa), siglato a Vienna nel luglio 2015 tra Iran e le potenze mondiali. L’intesa prevedeva la sospensione graduale delle sanzioni Onu ed economiche in cambio di limiti stringenti sulle attività nucleari iraniane. Secondo Rajavi, Teheran avrebbe sfruttato quegli anni non per risollevare il proprio popolo, ma per rafforzare l’apparato repressivo, alimentare conflitti regionali, finanziare milizie e proseguire segretamente programmi militari. 

L’aggravarsi della crisi interna
Mentre le entrate derivanti dal petrolio venivano dirottate verso obiettivi militari e geopolitici, la condizione della popolazione peggiorava. Inflazione, disoccupazione, svalutazione della moneta e aumento della povertà hanno accompagnato l’ultimo decennio, acuendo il malcontento e la sfiducia nei confronti delle istituzioni. Rajavi ha sottolineato come il popolo iraniano viva oggi in una situazione di emergenza sociale, segno del fallimento della strategia di dialogo con Teheran. Un messaggio di rottura. Nelle parole della leader del NCRI, la fine delle concessioni segna un punto di svolta: “la soluzione finale è un cambiamento di regime per mano del popolo iraniano”. La resistenza, secondo lei, non deve più essere vista come un reato, ma come un diritto riconosciuto contro un potere definito “del terrore e dei massacri”.

La storia delle sanzioni in breve
Le prime sanzioni delle Nazioni Unite contro l’Iran risalgono al 2006, dopo che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica segnalò violazioni negli obblighi di trasparenza. Negli anni successivi furono approvate ulteriori risoluzioni, che limitarono l’export di armi, bloccarono attività bancarie e colpirono settori energetici. Con l’accordo del 2015 molte di queste misure furono sospese, aprendo una stagione di dialogo e investimenti. La svolta arrivò nel 2018, quando gli Stati Uniti decisero di ritirarsi unilateralmente dall’intesa, reintroducendo sanzioni unilaterali. Da allora la tensione è cresciuta fino alla decisione attuale di riattivare le risoluzioni Onu originarie, chiudendo un ciclo di dieci anni di compromessi mai pienamente rispettati.