Il centrodestra consolida la propria presenza nelle Marche, dove il presidente uscente Francesco Acquaroli è avanti con un margine solido sullo sfidante del centrosinistra Matteo Ricci. Le prime proiezioni attestano Acquaroli intorno al 51-52 per cento, mentre Ricci si ferma fra il 44 e il 46 per cento. Si tratterebbe, dunque, di una vittoria netta e di un mandato bis per l’esponente di Fratelli d’Italia, sostenuto da una coalizione ampia che ha tenuto insieme forze moderate e sovraniste. L’affluenza, tuttavia, registra un crollo significativo: soltanto la metà degli aventi diritto si è recata alle urne, quasi dieci punti in meno rispetto al 2020. Un dato che riflette la crescente disillusione nei confronti della politica e che ridimensiona, almeno in parte, la portata del successo del centrodestra.
Per Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e candidato del “campo largo”, la sconfitta segna una battuta d’arresto dopo una campagna elettorale intensa, centrata sui temi del lavoro e della sanità pubblica. Il centrosinistra non riesce a scalfire il blocco elettorale consolidato di Fratelli d’Italia, che nelle Marche conferma la sua egemonia regionale, trainata dal consenso nelle aree interne e nei capoluoghi minori. Diversa la situazione in Valle d’Aosta, dove la tradizione autonomista continua a resistere alle spinte dei grandi partiti nazionali. L’Union Valdôtaine, con i suoi alleati storici, resta la prima forza politica, oscillando intorno al 31-32 per cento dei voti. Il centrodestra unito raggiunge circa il 30 per cento complessivo, con Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega che si dividono quasi equamente il consenso. L’affluenza è più alta rispetto alle Marche, poco sotto il 63 per cento, ma anch’essa in calo rispetto alla precedente tornata.
Il risultato valdostano conferma la peculiarità politica della regione, dove le dinamiche locali e la difesa dell’autonomia prevalgono sugli schieramenti nazionali. Sarà il nuovo Consiglio regionale, come da tradizione, a eleggere il presidente, rendendo necessarie alleanze trasversali che potrebbero ridisegnare la mappa del potere. Nel complesso, il voto di fine settembre segna un ulteriore consolidamento del centrodestra nel panorama nazionale, ma anche una partecipazione popolare sempre più ridotta, segno di un Paese che vota meno e crede sempre di meno nella politica come strumento di cambiamento.