Benevento

Ha dichiarato il non doversi procedere, perchè il fatto non sussiste, per l'imputazione di associazione per delinquere, e l'intervenuta prescrizione di un addebito di falso, ed ha poi disposto il rinvio a giudizio, come chiesto dal pm Giulio Barbato:. Sono le decsioni del gup Maria Di Carlo per le undici persone coinvolte in una inchiesta della guardia di finanza sui presunti falsi ricorsi per decreti ingiuntivi nei confronti di Wind e Tim.

Dovranno affrontare il processo, che partirà il 5 maggio 2026, cinque avvocati: Gabriella Bongi, di Montesarchio, Giovanni Nardini, di Napoli, Marco Monetti, di Cervinara, Fulvia Pisaniello, di San Martino Valle Caudina e Margherita De Sisto, di Airola, il titolare di un negozio di telefonia – Francesco Papa, di Santa Maria a Vico- e di Daniela Falzarano, di Airola, Carmine Ruggiero, di Bucciano, Fiorentina De Blasio, di Montesarchio, Rosanna Covino e Cesina Pisaniello, di San Martino Valle Caudina, difesi dagli avvocati Alessio Ruoppo, Pasquale Matera, Ettore Marcarelli, Fulvio Dello Iacovo, Luca Cavuoto, Claudio Barbato, Gennaro Maione, Domenico Forgione  Davide Pascarella Vittorio Fucci.

Parti civili le due compagnie telefoniche, con gli avvocati Grazia Volo e Ivan Filippelli, e alcuni privati, con, tra gli altri, gli avvocati Pasquale Tinessa e Alberto Barbato.

Caduta l'accusa di associazione, resta quella di falso, anche tentato, contestata in relazione ai ricorsi proposti dinanzi ai giudici di pace di Airola, Montesarchio, Crerignola, Mirabella Eclano, Montoro, Canosa, Cervinara e Pescopagano per decreti ingiuntivi nei confronti di Wind e Tim, “in virtù di procura speciale apparentemente sottoscritta” da decine e decine di consumatori. Tutto ciò avrebbe “indotto in errore l'organo giudicante sulla legittimazione” dei legali e sulla “fondatezza della pretesa” degli utenti “alla consegna da parte delle società convenute del contratto relativo alle utenze telefoniche”.

Una induzione in errore che, a detta del Pm, si sarebbe tradotta nell'emissione dei decreti ingiuntivi, con la quale sarebbe stato “attestato falsamente il diritto della ricorrente alla consegna della documentazione”, con la condanna delle società al pagamento”, al risarcimento. L'addebito di falso in certificati riguarda la presunta falsa attestazione dell'autenticità della sottoscrizione apparentemente apposta” dagli assistiti “nella procura speciale a margine del ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della compagnie telefoniche; sottoscrizione che sarebbe risultata contraffatta”.