“Basta polemiche e tafazzismo di destra”, dice Gianfranco Rotondi. Un ammonimento che suona come un atto di fede: perché per fermare l’autolesionismo del centrodestra campano servirebbe un esorcismo, non un comunicato stampa. In Campania, dove le campagne elettorali non finiscono mai ma non cominciano mai davvero, la coalizione che dovrebbe presentarsi compatta contro il candidato del “campo largo” – Roberto Fico – sembra più impegnata a farsi la guerra in casa che a costruire un’alternativa credibile. Da un lato Martusciello, il generale senza truppe ma con molte ruggini, impegnato a remare con costanza contro Cirielli, l’uomo che dovrebbe incarnare la sintesi. Dall’altro, l’eterno ritorno di sigle e micro-simboli che fanno numero solo nelle conferenze stampa.
Rotondi, che di politica e di ironia è maestro, ha capito perfettamente la scena: nel centrodestra campano il tafazzismo non è un rischio, è il programma elettorale. Ogni volta che la coalizione sembra trovare un equilibrio, qualcuno si alza e lancia la bottiglia metaforica, proprio come Tafazzi. Eppure, il copione è sempre lo stesso. Mentre a sinistra si organizzano, scelgono un nome e stringono le fila attorno a Fico, a destra si aprono tavoli, sotto-tavoli, tavolini da bar e retrobottega di partito per capire chi comanda chi. Intanto, i cittadini guardano e sospirano: non serve la sinistra a battere la destra in Campania, ci pensa la destra da sola. Rotondi, con la sua lista Dc al fianco di Cirielli, lancia un messaggio che sa di avvertimento ma anche di resa: o si smette di litigare, o il centrodestra campano continuerà a collezionare occasioni perdute come figurine. Forse, più che un candidato, serve uno psicanalista di coalizione. Perché la verità, amarissima e comica insieme, è che in Campania il centrodestra non ha bisogno di un avversario: gli basta uno specchio.