Napoli

Il Napoli scendeva al Maradona contro un Genoa ben guidato da Patrick Vieira in un pomeriggio previsto da tregenda - dal giorno prima incombeva sulla città un'allerta meteo di 16 ore per forti temporali e venti scombussolanti - con il manifesto intento di rispondere (soprattutto) all'Inter, che con un punteggio roboante l'aveva raggiunto in vetta alla classifica provvisoria di una serie A, ancora intenta a scrollarsi di dosso la sesta giornata di campionato prima di una nuova inconcludente sosta della nazionale.

In casa azzurra, non tutto sembrava andare di pari passo con quanto già accaduto nelle puntate precedenti. Uscendo fuor di metafora, se la trama della partita non era (ovviamente) già scritta, gli attori non sembravano essere gli stessi, come invece converrebbe in ogni buona compagnia di teatranti e saltimbanchi, dove a conoscere la parte è sempre e solo uno per ruolo e se costei/costui si ammala o si infortuna la/lo sostituirà, tra palpitazioni e melodrammi, chi dice di aver imparato a memoria lo spartito, dice (appunto), ma non è detto che sia poi così. In altre parole, tutto faceva presagire che si sarebbe tornati al tanto (da me) agognato e mai utilizzato 4-3-3, giusto per non scontentare nessuno e fare un bell'inchino a quella campagna acquisti "nientediché" che aveva condotto la dirigenza azzurra tra lacrime e sangue, al solo scopo di imbandire la tavola domenicale con un modulo cotto a puntino, ma che sarebbe stato consumato dall'impavido e risorgimentale Antonio Conte solo come e quando avesse voluto.

Così, fatte salve la pioggia e il vento - che ci si chiedeva sin dalle prime ore del mattino a chi delle due contendenti avrebbe facilitato il compito - tutto scorreva nella più tediosa rivoluzionarietà. Non combaciava neppure l'ora con quella della corrida spagnola, che pure un po' di (finta) suspense avrebbe potuto aggiungere all'evento.

I giorni che avevano preceduto la sfida tra le due regine del mare erano stati, come sempre, caratterizzati dai toni enfatici di benpensanti e risulatisti e da quelli dubbiosi di esteti e malati di cuore. Si andava così a vedere se il cielo plumbeo sarebbe stato foriero di buone o cattive notizie, fermo restando che per molti (quasi tutti) vittorie striminzite e al cardiopalma fanno parte delle olimpiche qualità di cui erano e sono dotate le squadre del tecnico salentino. Il cielo, intanto, era tornato azzurro e il campo, col suo giudizio inappellabile, lo assecondava.