Montesarchio

Non è stata una semplice presentazione, ma un vero e proprio atto fondativo. Nell’affascinante cornice del Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino a Montesarchio, si è scritta ieri una pagina di storia per l’intera Valle Caudina. Con un’emozione palpabile e un sentimento di unità senza precedenti, è stato presentato ufficialmente, lo scorso 4 ottobre, il Dossier di candidatura della “Città Caudina” a Capitale Italiana della Cultura 2028.

Ad aprire i lavori, il direttore del Museo, Vincenzo Zuccaro, che ha portato i saluti della nuova direttrice della Direzione Regionale Musei Campani, Luigina Tomay, e della direttrice della Reggia di Caserta, Tiziana Maffei. Zuccaro ha subito inquadrato l'importanza storica dell'evento, ricordando come il Museo di Montesarchio sia «l’unica presenza museale di rango nazionale presente in tutto il Sannio», un faro culturale pronto a illuminare un progetto ambizioso.

A raccogliere il testimone, il presidente della Città Caudina, Pasquale Fucci, visibilmente emozionato, che ha sottolineato la rilevanza epocale del momento per tutte le comunità caudine. «Dallo scorso 4 ottobre – data che coincide non a caso con la fondazione della Città Caudina, avvenuta proprio il 4 ottobre 2024 – iniziamo una storia nuova che ci porterà in una nuova forma di futuro». Un percorso che vede tutte le municipalità caudine schierate compatte, segno di una volontà corale e determinata.

In una sala gremita, con persone giunte da ogni angolo della Valle, hanno poi preso la parola i tre artefici del progetto: Leandro Pisano, Giacomo Porrino e Alessandra Panzini (Marchingegno), svelando le linee guida di un dossier che punta a fare scuola.
 

Le parole chiave: Europa, ruralità, futuro

Leandro Pisano ha posto l’accento sul concetto di «ruralità futura» come fondamento di un nuovo sviluppo basato sulla coesione delle comunità. Niente nostalgia oleografica o sterili recuperi del passato, ma la riscoperta del «nucleo antico e autentico del rurale», visto come un «cantiere di futuro» e un laboratorio di buone pratiche comunitarie.
Giacomo Porrino ha ripercorso la genesi del progetto, nata dalla prospezione della massa di memorie e depositi culturali della Valle. Un lavoro che ha rivelato una «marcatura profonda» e «sorprendenti legami con una vocazione europea quale dispositivo sindonico della storia di un territorio». Il tema mitopoietico di Europa che diventa l’Europa come luogo di una civiltà condivisa nella quale il grande vive nel frammento silenzioso del piccolo. «La cultura come vettore politico – ha affermato con forza Porrino – non è solo un’ambizione, è una necessità irrefutabile».
Alessandra Panzini, di Marchingegno, ha completato il quadro, definendo la Capitale della Cultura non un mero «palinsesto di eventi», ma un «esercizio collettivo di futuro». Un’occasione per riconoscersi come «ecosistema complesso», dove la cultura diventa il filo che connette tutte le dimensioni della vita di un territorio, generando infrastrutture culturali permanenti e risposte ai bisogni contemporanei. Dove le espressioni culturali generali incontrano le istanze culturali locali.

Il sostegno della comunità scientifica e l'allarme sociale

La serata ha anche rivelato la statura del Comitato Promotore, composto da uno straordinario gruppo di istituzioni culturali e scientifiche di livello internazionale, nazionale e regionale, che hanno aderito con entusiasmo all’idea.
Di grande spessore gli interventi degli ospiti. Mario Tirino (Università di Salerno) ha parlato della cultura come «strumento sociale decisivo» per nuove forme di coesione. Maria Giovanna Mancini (Università di Bari) ha visto nella candidatura un’opportunità per riaffermare il ruolo dell’arte contemporanea come medium di «relazione, cura e ascolto dei territori».
A concludere, una riflessione potente e necessaria di Fabio Renzi, segretario generale della Fondazione Symbola, che ha lanciato un monito sulla «nuova questione territoriale italiana»: il progressivo spopolamento e indebolimento delle aree interne e la necessaria visione del neopopolamento e della crisi climatica. La candidatura della Città Caudina si propone così anche come risposta a questo drammatico paradosso, per scongiurare l’abbandono e ridare vita, abitanti e futuro a quelle terre che più ne hanno bisogno.
Al termine dell’evento, l’emozione della sala è esplosa in incontri e discussioni improvvisate, protrattesi a lungo. Una dimostrazione chiara di come questo progetto investa direttamente, e non ritualmente, le aspettative, la forza e l'identità di una terra antica. Una terra che, con coraggio, sogna di diventare «terra futura». Una terra futura dove, simbolicamente e concretamente, «Europa abita qui».