Napoli

 

Meno fondi, servizi sanitari ridotti e un'aspettativa di vita di tre anni inferiore rispetto al Nord. È la fotografia drammatica della sanità in Campania scattata dall'ultimo report della Fondazione Gimbe, che accende i riflettori sullo squilibrio nella ripartizione dei finanziamenti e le sue conseguenze sulla salute dei cittadini. Un divario che, secondo l'analisi, costringe le regioni del Mezzogiorno a un paradosso: "I cittadini hanno un'assistenza peggiore e pagano tasse più alte".

Il nodo dei finanziamenti: la Campania è la più penalizzata

Il primo problema riguarda il Fondo Sanitario Nazionale, punto sul quale il governatore uscente Vincenzo De Luca ha spesso insistito nel corso di questi ultimi dieci anni per sottolineare la grave disparità di trattamento destinata alla regione Campania nel riparto dei soldi. Nonostante le risorse siano aumentate dai 125,4 miliardi del 2022 ai 136,5 previsti per il 2025, la ripartizione resta "profondamente iniqua". I criteri, solo recentemente rivisti, continuano a privilegiare le regioni con una popolazione più anziana, lasciando indietro quelle più giovani.

I numeri parlano chiaro. Nel 2024, la spesa pro-capite in Liguria è stata di 2.261 euro, mentre in Campania è scesa a 2.135 euro, la più bassa in Italia. Seguono, a sorpresa, Lombardia (2.154 euro), Lazio (2.164) e Sicilia (2.166). In valori assoluti, il divario si traduce in un taglio di 256,5 milioni di euro per la Campania.

«Senza un deciso rifinanziamento, il divario tra stima di spesa e risorse allocate costringerà le regioni a scelte dolorose: ridurre i servizi o aumentare la pressione fiscale», avverte il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta.

Livelli Essenziali di Assistenza: la "cartina di tornasole" della mobilità

Un paradosso emerge dall'analisi sui Livelli Essenziali di Assistenza (Lea). Nonostante la Campania abbia superato gli esami sui Lea nel 2023 – un traguardo raggiunto solo da 13 regioni – rimane intrappolata nel Piano di rientro, con un ricorso ancora in attesa di verifica al Tar.

La vera "cartina di tornasole" della disparità, sottolinea il report, è la mobilità sanitaria. Nel 2022, questo fenomeno ha superato i 5 miliardi di euro. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto hanno incassato il 94,1% del saldo attivo, mentre il 78,8% del saldo passivo (i cittadini che devono migrare per curarsi) si concentra in cinque regioni del Sud – Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia – e nel Lazio.

Aspettativa di vita: in Campania si vive 3 anni in meno

Il capitolo più spinoso è quello sull'aspettativa di vita. Le stime Istat per il 2024 indicano una media nazionale di 83,4 anni, ma con un divario Nord-Sud marcato: si va dagli 84,7 anni della provincia di Trento agli 81,7 della Campania. Un gap di 3 anni che suona come un durissimo indicatore della qualità del servizio.

«È un drammatico segnale – commenta Cartabellotta – che testimonia la bassa qualità dei servizi sanitari del Sud, dove i cittadini vivono una sanità peggiore, devono spendere per curarsi altrove e pagano tasse più alte».

La corsa del "privato puro"

A crescere, intanto, è il ricorso al privato. Non quello accreditato, ma il cosiddetto "privato puro". I dati del Ministero della Salute rivelano che, tra il 2016 e il 2023, la spesa delle famiglie presso queste strutture è esplosa, aumentando del 137%, da 3,05 a 7,23 miliardi di euro. Un segnale di un malessere del Sistema Sanitario Nazionale che, al Sud, mostra le sue crepe più profonde.