Niente occupazione studentesca pro Gaza - come in altre scuole della città - al liceo scientifico Giuseppe Mercalli di Napoli: appresa la volontà degli studenti di occupare l'istituto, la preside ha chiuso preventivamente le porte. "Questa istituzione scolastica non aprirà i battenti e rimarrà chiusa a tempo indeterminato fino a nuovo avviso. Tale drastica misura si rende imprescindibile a causa di gravi motivi di sicurezza e ordine pubblico". Queste le motivazioni - rese note nel registro elettronico scolastico - che hanno portato la preside dell'istituto, la professoressa Daniela Paparella, a non dare corso alle lezioni oggi.
"Nelle immediate vicinanze del plesso e nelle pertinenze della scuola - spiega la nota dell'istituto - si è registrata la presenza di soggetti non autorizzati ed estranei alla comunità scolastica, i quali hanno palesemente espresso l'intenzione di occupare la struttura e interrompere lo svolgimento delle regolari attività didattiche. La presenza e le dichiarazioni di queste individui, che manifestano un atteggiamento palesemente minaccioso, rappresentano un potenziale e serio rischio per l'incolumità fisica e la sicurezza di tutti gli studenti e del personale docente e Ata". Prima che scattasse l'orario di ingresso - riferiscono gli studenti - la preside ha provato a intavolare fuori dai cancelli una trattativa con i manifestanti per trasformare l'occupazione in assemblea. Ma senza arrivare a un accordo. E così la scuola è rimasta chiusa.
Amareggiati gli studenti: "I personaggi estranei alla scuola citati nella comunicazione dei vertici scolastici - spiega all'ANSA uno dei leader della protesta - sono due ex studenti del Mercalli che condividono con noi la causa palestinese. Nessun soggetto minaccioso. Non solo. Avevamo dato ampie rassicurazioni sul fatto che l'occupazione sarebbe stata pacifica al punto da garantire risarcimenti in caso di eventuali danni alle strutture. Già da ieri ci era stato intimato dalla dirigenza scolastica di rimuovere lo striscione di solidarietà al popolo di Gaza che abbiamo affisso al di fuori della scuola". "Quella di oggi - concludono - è una ingiustizia che mette in discussione il diritto all'istruzione e rispetto alla quale continueremo a far sentire la nostra voce".