Intorno alle 22 della scorsa notte due forti esplosioni hanno squarciato il silenzio di Campo Ascolano, località costiera del comune di Pomezia. Le deflagrazioni, avvenute a pochi minuti di distanza, hanno distrutto completamente le automobili di Sigfrido Ranucci e di sua figlia, parcheggiate di fronte alla loro abitazione. Le fiamme hanno danneggiato anche un’abitazione vicina e il cancello del condominio. Sul posto sono intervenuti Vigili del Fuoco, Carabinieri e artificieri. Secondo le prime ricostruzioni, l’esplosione sarebbe stata provocata da un ordigno collocato sotto una delle vetture. La potenza del dispositivo è stata giudicata tale da poter causare vittime, se qualcuno si fosse trovato nei pressi al momento della deflagrazione. I tecnici stanno analizzando i resti del materiale esplosivo per risalire alla composizione e alla tipologia dell’ordigno. Gli investigatori stanno acquisendo le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona e ascoltando testimoni per individuare eventuali presenze sospette nelle ore precedenti.
Le parole di Ranucci
Il giornalista ha raccontato di essere sceso in strada subito dopo le esplosioni: «Mia figlia era passata vicino alle auto pochi minuti prima, potevano ammazzarla». Ranucci, volto simbolo del giornalismo investigativo della Rai, non ha nascosto la preoccupazione per un gesto che appare chiaramente intimidatorio. Negli ultimi anni il conduttore di Report aveva già ricevuto minacce legate alla sua attività professionale. La Procura di Velletri ha aperto un fascicolo e mantiene il massimo riserbo. La Digos di Roma e i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati stanno collaborando per stabilire se si tratti di un’azione mirata o di un avvertimento legato a inchieste giornalistiche recenti. Le autorità stanno valutando l’ipotesi di un rafforzamento delle misure di tutela personale per Ranucci e per la sua famiglia.
La reazione del mondo dell’informazione
Numerosi colleghi, esponenti politici e associazioni di categoria hanno espresso solidarietà al conduttore. La Rai, in una nota ufficiale, ha condannato il gesto e manifestato «piena vicinanza a Sigfrido Ranucci e alla sua famiglia», ribadendo che «nessuna intimidazione potrà fermare il lavoro di chi cerca la verità». Anche l’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa hanno chiesto che venga fatta piena luce sull’accaduto. L’attentato riporta l’attenzione sui rischi concreti che corrono i giornalisti d’inchiesta in Italia. Episodi di minacce, aggressioni e danneggiamenti sono purtroppo frequenti, soprattutto contro chi indaga su criminalità organizzata e malaffare. Il caso Ranucci rappresenta un nuovo grave segnale d’allarme: la necessità di proteggere la libertà di stampa e chi la esercita non è più solo un principio astratto, ma un’urgenza democratica.