Ancora una tragedia nel Mediterraneo. Al largo di Salakta, piccolo porto della regione tunisina di Mahdia, un’imbarcazione carica di migranti subsahariani è affondata nelle prime ore del mattino. Le autorità locali hanno confermato il recupero di quaranta corpi, tra cui anche alcuni neonati, mentre trenta persone sono state salvate in mare aperto dalla guardia costiera tunisina. Le operazioni di ricerca continuano, ma le speranze di trovare altri superstiti si affievoliscono con il passare delle ore. Secondo quanto riferito dal portavoce del tribunale di Mahdia, Walid Chatrbi, la barca era partita probabilmente da una zona costiera della Tunisia meridionale e avrebbe dovuto raggiungere le coste europee, ma le cattive condizioni del mare e il sovraccarico dell’imbarcazione avrebbero reso impossibile il viaggio. La procura ha ordinato l’apertura di un’inchiesta per chiarire le circostanze del naufragio e identificare eventuali responsabili del traffico di esseri umani.
Una rotta sempre più pericolosa
La Tunisia si conferma ancora una volta una delle principali vie di partenza per i migranti diretti in Europa. Da Sfax e Mahdia, negli ultimi mesi, sono partite centinaia di imbarcazioni di fortuna, spesso costruite con materiali di scarsa qualità e affidate a scafisti senza scrupoli. Le traversate vengono organizzate in condizioni estreme, con decine di persone ammassate su piccole barche di legno o gommoni inadatti a sostenere il mare aperto. L’aumento dei controlli lungo la rotta libica ha spinto molti a spostarsi verso le coste tunisine, considerate più accessibili. Ma la mancanza di sicurezza e l’assenza di operazioni di soccorso tempestive continuano a trasformare il Mediterraneo centrale in una delle rotte più mortali del mondo.
L’emergenza umanitaria
Organizzazioni internazionali come l’OIM e l’UNHCR hanno espresso cordoglio per le vittime e rinnovato l’appello a rafforzare le operazioni di ricerca e soccorso in mare. I dati aggiornati indicano che solo nel 2025 oltre duemila persone hanno perso la vita tentando di attraversare il Mediterraneo. Tra loro, un numero crescente di donne e bambini. L’episodio di Salakta riporta in primo piano la necessità di un approccio comune tra Europa e Paesi del Nord Africa per affrontare le cause profonde delle migrazioni e garantire canali legali e sicuri per chi fugge da guerre, persecuzioni o povertà.
Le reazioni e le indagini
Il governo tunisino ha espresso cordoglio alle famiglie delle vittime, assicurando piena collaborazione con la magistratura per individuare la rete che ha organizzato la traversata. Secondo le prime informazioni, l’imbarcazione era partita nella notte tra martedì e mercoledì, con condizioni meteo in rapido peggioramento. Gli inquirenti stanno raccogliendo le testimonianze dei superstiti per ricostruire le ultime ore di navigazione e verificare se l’incidente sia avvenuto per un guasto o per il cedimento dello scafo. La magistratura tunisina ha inoltre avviato un’indagine per traffico di migranti e omicidio colposo, mentre i corpi recuperati sono stati trasferiti all’obitorio dell’ospedale di Mahdia per l’identificazione.
Il Mediterraneo delle tragedie
Ogni naufragio racconta la disperazione di chi affronta il mare pur di fuggire da fame, conflitti o miseria. Salakta si aggiunge a una lunga lista di luoghi che, negli ultimi anni, hanno visto la morte di migliaia di persone nel tentativo di attraversare il Canale di Sicilia. Un dramma che si ripete con spaventosa regolarità, mentre le promesse di una gestione coordinata dei flussi migratori restano ancora in gran parte disattese. Le immagini dei soccorsi e dei corpi restituiti dal mare ricordano che la rotta del Mediterraneo centrale continua a essere la più letale al mondo. L’inchiesta aperta dalla procura di Mahdia potrà chiarire le responsabilità immediate, ma la risposta politica e umanitaria rimane la vera urgenza per l’intero continente.