Si chiude con un’archiviazione totale l’inchiesta che per sette anni ha coinvolto 17 persone legate all’Ex Canapificio di Caserta, tra attivisti, operatori sociali e una suora.
La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha riconosciuto l’assenza di prove a sostegno delle accuse di truffa e gestione illecita dei fondi del progetto Sprar di Caserta, destinato all’accoglienza dei migranti.
Il giudice per le indagini preliminari Orazio Rossi ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla pm Maria Ida Capone, che ha concluso che non vi è stato alcun guadagno illecito né attività fraudolente.
Nessuna truffa: il “modello Caserta” di integrazione funziona
Secondo quanto emerso dalle indagini, il cosiddetto “modello Caserta”, basato su coesione sociale e percorsi di integrazione, funzionava correttamente.
Le attività previste – corsi di italiano, laboratori, inserimenti lavorativi e progetti di inclusione – si svolgevano regolarmente, come dimostrato dalle numerose documentazioni prodotte dagli indagati.
“Nessuna truffa, nessuna estorsione, nessun guadagno illecito: tutto era dichiarato e trasparente” – si legge nelle motivazioni dell’archiviazione.
Tra gli indagati figurava anche Suor Rita Giaretta, delle suore Orsoline di Caserta, nota per l’impegno a favore delle donne migranti e delle vittime di tratta.
Una lunga indagine senza interrogatori
L’inchiesta, durata sei anni prima della chiusura formale, era nata da un presunto sospetto di truffa sui fondi pubblici destinati all’accoglienza. Tuttavia, in tutto quel tempo non era stato effettuato neanche un interrogatorio.
Solo nell’ultimo anno la pm Capone ha ascoltato gli indagati, che hanno potuto finalmente presentare prove e documenti attestanti la regolarità delle attività.
Le testimonianze e le carte hanno portato la magistratura a concludere che l’inchiesta era priva di fondamento.
Come ha affermato uno degli avvocati difensori, “non si trattava di un sistema criminale, ma di un esempio virtuoso di accoglienza e volontariato”.
“Trattati come camorristi, ma l’inchiesta era basata sul nulla”
Tra gli attivisti finalmente assolti da ogni accusa c’è Mimma D’Amico dell’Ex Canapificio, che parla di anni difficili segnati da ingiuste accuse e isolamento.
“Siamo stati trattati come camorristi – spiega – ma l’inchiesta era basata sul nulla. Siamo un’associazione no profit: ciò che entra corrisponde a ciò che esce, non c’è alcun margine di guadagno. Sarebbe bastato guardare le carte per capire subito la verità”.