Nel testo della manovra finanziaria per il 2026-28 è emersa una voce che non passa inosservata: quella relativa ai ridimensionamenti degli stanziamenti per le metropolitane urbane. In particolare emerge: una riduzione di circa 50 milioni per la linea C della metropolitana di Roma; 15 milioni in meno per la linea M4 di Milano; altri 15 milioni che vengono sottratti al progetto che prevede l’estensione del trasporto rapido di massa tra Afragola e la rete metropolitana di Napoli, unitamente alla fornitura di nuovi treni. Le amministrazioni locali hanno reagito con allarme: l’assessore alla Mobilità di Roma ha avvertito che tale definanziamento rischia di compromettere la stipula della convenzione per il 2026 con l’ente appaltante, mettendo a rischio l’avanzamento dei lavori. Parallelamente alle riduzioni per le infrastrutture urbane, l’articolo 132 del disegno di legge di Bilancio prevede l’istituzione – nello stato di previsione del Ministero dell’Economia – di un fondo da 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, destinato al «potenziamento delle finalità istituzionali delle amministrazioni dello Stato».
In sostanza, mentre si riducono risorse per opere che coinvolgono quotidianamente milioni di cittadini, viene riservato uno stanziamento significativo per le modifiche parlamentari. Ciò ha alimentato critiche riguardo a scelte di priorità: da un lato investimenti infrastrutturali in difficoltà; dall’altro fondi “liberi” destinati alla leva parlamentare.
Effetti e riflessi territoriali
Le ricadute sul territorio sono immediate: nei grandi centri urbani metropolitani, i progetti avanzati o in fase di avvio rischiano di subire rallentamenti, riduzioni o slittamenti. Per Roma, Milano e Napoli – città che già sostengono notevoli investimenti in mobilità – il segnale è di contrazione.
Dal lato politico-amministrativo emerge un contrasto: da una parte le esigenze infrastrutturali (mobilità, trasporto pubblico, spinta verso sostenibilità), dall’altra la contabilità di bilancio che impone tagli o riprogrammazioni. Il ridimensionamento degli stanziamenti apre interrogativi sulle priorità strategiche del Paese per i prossimi anni. Dalle informazioni disponibili, il potenziale scenario è il seguente: Le città coinvolte dovranno cercare percorsi alternativi di finanziamento: fondi europei, partenariati pubblico-privati, anticipazioni regionali o comunali. Nel passaggio parlamentare della manovra potrebbero emergere emendamenti che ridiscutono la distribuzione delle risorse: il fondo da 100 milioni per le modifiche parlamentari sarà infatti anch’esso oggetto di trattativa. Se i tagli ai progetti metro saranno confermati, le amministrazioni locali potranno trovarsi costrette a rivedere tempistiche e ambizioni nei piani di sviluppo della mobilità. Sul piano politico appare probabile un aumento del dibattito sulle scelte di spesa dello Stato: perché privilegiare in un contesto di stretta bilancio un fondo destinato alle modifiche parlamentari, a fronte di tagli forzati su infrastrutture centrali? L’ipotesi delineata nella manovra presenta un paradosso apparente: mentre le grandi metropolitane urbane vedono ridursi i finanziamenti, viene istituito un fondo sostanzioso per modifiche parlamentari. È un tema che mette in luce la tensione tra vincoli di bilancio, logiche istituzionali e necessità infrastrutturali. Le prossime settimane saranno decisive per capire se il Parlamento modificherà questi schemi o se le città dovranno ridefinire le proprie strategie di investimento.