Eros Malara è un caro amico, siciliano (la cosa lo connota preponderantemente), neurologo ed emigrato - non so quanto suo malgrado - al nord, precisamente a Sarnico, un paese bello e tranquillo della bergamasca posto sul lago d'Iseo, là dove confluisce nel fiume Oglio.
Scrivo di lui perché, pur divisi da poco meno di ottocento chilometri, abbiamo in comune, oltre la stima e l'affetto, la curiosità per le piccole cose, le storie, le notizie, e le fiabe che in alcune di esse sono contenute.
Qualche giorno fa, il suddetto compagno di venture lavorative e qualche sogno ha pubblicato in una chat di amici medici cultori delle cefalee una notizia che, come ha detto lui stesso in premessa, con il mal di testa non c'entrava proprio niente. Traggo dal web le parole per raccontare in sintesi il fatto oggetto del suo messaggio: "Un team di chirurghi e biotecnologi sudcoreani del Seoul St. Mary's Hospital, in collaborazione con T&R Biofab, ha impiantato con successo la prima trachea stampata in 3D utilizzando cellule umane. Questa procedura, che fino a pochi anni fa apparteneva alla fantascienza, segna un importante progresso medico nel campo della bioingegneria e della medicina rigenerativa."
Devo al mio amico la preziosità dell'informazione - con tutti i riferimenti bibliografici che ha poi mandato in privato a me solo e dove ho potuto approfondire i termini di una invenzione così straordinaria - ed è giusto che io gli renda merito usando (qua e là) le sue parole da lui usate. Tutto è cominciato quando una donna coreana di 50 anni ha avuto un danno massivo e irrreversibile della trachea dall'asportazione di un cancro della tiroide che infiltrava i tessuti circostanti, comprese le vie respiratorie superiori.
Fino a ora, la strada obbligata sarebbe stata costellata da "soluzioni provvisorie o trapianti complessi, con il rischio costante di rigetto e l’obbligo di assumere farmaci immunosoppressori a vita". Ma questa volta no. Più di vent'anni di prove e sperimentazioni in uno delle aree di ricerca più avanzate al mondo hanno preparato il campo a questo "miracolo" di tecnologia, tenacia, passione e competenza.
"T&R Biofab, una delle aziende più all’avanguardia nel bioprinting, lavora da anni su materiali e bioinchiostri in grado di ospitare cellule umane e di mantenere la loro vitalità durante il processo di stampa. L’ospedale cattolico di Seoul, sotto la guida della Catholic University of Korea, ha investito in studi preclinici e in test su modelli animali fin dal 2004. Solo oggi la tecnologia ha raggiunto un livello di precisione e sicurezza tale da consentire il passaggio alla sperimentazione sull’uomo, approvata dal Ministero della Salute sudcoreano e dalle autorità di regolamentazione della medicina rigenerativa". L'unione di queste due forze, una privata e l'altra pubblica, non in antitesi né in competizione, ma solidale l'una all'altra, come dovrebbe essere normale in una società che si dichiari equa e moderna, ha prodotto il risultato che ora qui tutti ammiriamo.
Un organo de novo, perfettamente integrato in un corpo, anzi, dico di più, reso vitale proprio da quel corpo che lo ospitava, perché in qualche modo da esso generato, come un figlio da una madre, era appena nato. Immaginate ora tutte le multiformi applicazioni di questa scoperta, che da qui in poi potremo utilizzare per salvare milioni di vite umane. È questa la medicina che dobbiamo raccontare, piuttosto che quella oscurantistica e dietrologica di certezze e progressi scientifici trasformati in indagini di polizia e diffamazioni a buon mercato.