C’è un filo oscuro che unisce le stanze ovattate di Manhattan ai salotti di Arcore. Non è solo la ricchezza, il potere o la notorietà. È l’arroganza di chi crede che tutto sia lecito — anche il corpo degli altri — in nome del proprio status.
Oggi, le email di Jeffrey Epstein, rese pubbliche dai deputati democratici americani, tornano a mostrare l’altra faccia dell’impero: Donald Trump, il “campione” del populismo americano, frequentava il finanziere pedofilo più discusso del secolo. E secondo i messaggi rilasciati, avrebbe trascorso ore nella sua casa in compagnia di una delle ragazze.

È una notizia che scuote Washington, certo, ma che in Italia ha un’eco familiare. Perché a noi, che abbiamo vissuto il ventennio arcoriano, l’idea di un leader circondato da un harem di giovani donne, protetto dal silenzio del sistema e salvato dalla complicità dei suoi media, non suona affatto nuova.
Trump e Berlusconi: due uomini che hanno costruito la loro ascesa sulla retorica del “self made man”, che hanno comprato consenso a colpi di slogan e che hanno fatto del potere un’arma di seduzione e dominio. Due simboli diversi, ma con la stessa grammatica morale: negare, minimizzare, ridurre tutto a “faccende private”.

Negli Stati Uniti, come in Italia, la difesa è sempre la stessa: “In camera da letto... solo fatti miei”. Eppure, le email di Epstein raccontano altro. Così come, nel nostro Paese, le intercettazioni, le testimonianze e le sentenze sul caso Ruby hanno raccontato un’Italia che un po' si vergognava e un po' rideva di quelle "nipoti" famose e delle igieniste dentali che ne facevano merce.
La politica maschile di potere, quella che confonde la leadership con la conquista, continua a ripetersi. Cambiano le lingue, i palazzi, le sigle dei partiti, ma resta identico il meccanismo di fondo: usare il corpo delle donne come moneta e la menzogna come scudo.

C’è una differenza, però. In America, i democratici pubblicano le email. In Italia, i dem hanno spesso abbassato lo sguardo, in nome di un finto garantismo che è solo paura di perdere voti. La trasparenza non è mai stata la nostra arma migliore. La verità, quando tocca i potenti, diventa sempre “una questione di opportunità politica”. Oggi, guardando il caso Epstein–Trump, non possiamo far finta di nulla. Perché ogni volta che un leader viene colto a mentire sui propri abusi di potere, e riesce a cavarsela con una risata o un talk show, il danno non è solo morale: è civile.
È la fiducia collettiva che muore, e con essa la possibilità di credere in una politica diversa.

Con tutto il rispetto per chi non c’è più, ma i modelli sono ancora vivi, e Trump ne è la versione globale: machista, impunito, idolatrato. Magari, i ravvedimenti "tardivi" ma operosi di Buckingham palace, con i principi "allontanati" dalla famiglia reale, dovrebbero insegnare qualcosa. 
Le email di Epstein non ci raccontano solo una storia americana. Ci ricordano che l’Occidente, quando si tratta di potere e sesso, è ancora prigioniero della stessa ipocrisia.