Nella zona centrale di Gaza City, lungo il tratto urbano dove corre la cosiddetta “linea gialla” del cessate il fuoco entrato in vigore il 10 ottobre, il terreno trema ancora. A raccontarlo, nella mattinata di lunedì 17 novembre, è padre Gabriel Romanelli, parroco latino della Sacra Famiglia: “Sentiamo bombardamenti ed esplosioni a poche decine di metri dalla chiesa. Ci sono momenti in cui vibra tutto, come se a scuotersi fosse la terra stessa”. La parrocchia, situata tra alcuni degli edifici più colpiti nei quartieri a ovest di Omar al-Mukhtar Street, è oggi uno degli ultimi punti riparati accessibili ai civili. Qui vivono circa quattrocento sfollati: famiglie, anziani, malati che nella notte cercano di ripararsi dal vento e dal rumore dei colpi di arma da fuoco provenienti dall’area di demarcazione. La settimana è stata segnata da piogge continue che hanno trasformato le strade intorno alla parrocchia, da al-Zeitoun a Rimal, in canaloni fangosi disseminati di macerie. Romanelli spiega che “noi in parrocchia riusciamo ancora a gestire il maltempo, anche se non abbiamo più vetri alle finestre”. Ma fuori, dice, “la situazione è infinitamente peggiore”.

Tende tra le macerie

Le tende di cui parlano gli sfollati non sono veri ripari: “Chiamarle tende è eccessivo. Sono teloni tirati come si può, senza pavimento, completamente esposti al vento e alla pioggia”. Con l’arrivo del freddo notturno, la temperatura tra le macerie scende rapidamente e molti si trovano a dormire all’aperto, dentro ciò che resta degli edifici bombardati tra Sheikh Radwan e Shuja'iyya. Solo per liberare le vie principali servirebbero ruspe, mezzi meccanici e carburante. Oggi le strade che uniscono la Sacra Famiglia all’ospedale Al-Ahli sono spesso impraticabili: cumuli di detriti, cavi elettrici spezzati, carcasse di automobili. “La priorità non è parlare di fasi due o tre dei piani internazionali”, ribadisce Romanelli, con un riferimento chiaro alle discussioni sulla ricostruzione. “La priorità è sopravvivere al maltempo e al freddo. Senza elettricità, senza acqua potabile, senza fognature funzionanti, la popolazione più vulnerabile rischia di non farcela”.

Cibo che costa meno, soldi che non esistono

Nelle ultime due settimane l’arrivo di nuovi carichi alimentari – soprattutto farine, riso e legumi – ha abbassato i prezzi nei mercati improvvisati nati attorno a Yarmouk e Beach Camp. Paradossalmente, però, il cibo è più accessibile del denaro. “Il problema è che la gente non ha contanti”, racconta Romanelli. “Hanno riaperto una banca, ma non distribuisce liquidità. La popolazione è esausta: il senso di abbandono cresce di giorno in giorno”. Senza denaro non si può acquistare combustibile, e così per cucinare si brucia “qualsiasi cosa: legna, mobili, sedie, plastica, perfino spazzatura”. Nella comunità cristiana si guarda a un segno: la possibile visita del patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, che negli anni ha sempre raggiunto Gaza prima del Natale. “Speriamo possa tornare a trovarci”, afferma Romanelli, definendolo “una grande benedizione”. Il parroco ringrazia anche “Papa Leone XIV per i continui messaggi di affetto e vicinanza”.