Nella Campania le proiezioni danno il candidato del centrosinistra in testa intorno al 59-60%, contro un candidato del centrodestra sui 35-36 %. L’affluenza si attesta poco sopra il 44%, con un calo vistoso rispetto alla tornata precedente. Nella Puglia la forbice è ancora più netta: circa 66-69% al centrosinistra contro circa 28-30% per il centrodestra, con affluenza sotto al 42%. In Veneto invece il quadro è opposto: la coalizione del centrodestra è largamente in vantaggio con circa 60-61%, il centrosinistra fermo poco sopra al 30%; l’affluenza si ferma intorno al 44-45% con un decremento quasi a doppia cifra.
Sud, riconferma del centrosinistra
In Campania e Puglia si assiste alla riaffermazione del “campo largo” di centrosinistra: coalizioni ampie, candidature forti, con il sostegno di liste civiche, M5S e componenti moderate. Questo modello ha funzionato in un contesto di elettorato che considera ancora il centrosinistra come riferimento territoriale, soprattutto nelle regioni meridionali, nonostante la crisi d’identità che altrove attraversa il “partito del governo”. La debolezza dell’alternativa di centrodestra al Sud è emersa come fattore non secondario: mancando un’offerta credibile e coesa, la sinistra è riuscita a concentrare consensi e a trasformare la propria leadership locale in voto utile. La significatività regionale assume così valenza nazionale: conquistare due regioni-chiave significa non solo mantenere un presidio politico, ma anche lanciare un segnale alle forze d’opposizione: la destra di governo non ha campo libero.
Veneto, destra confermata ma senza trionfalismi
Nel Nord-Est il risultato conferma la supremazia del centrodestra: vittoria ampiamente anticipata e largamente avviata. Tuttavia, non si può interpretare il dato come una vittoria scontata: l’affluenza in forte calo, superiore ai dieci-quindici punti rispetto alla tornata precedente, indica un elettorato meno mobilitato, meno coinvolto. Il fatto che il presidente uscente (una figura di lungo corso) non fosse più candidabile aggiunge un elemento di complessità: la coalizione ha vinto, ma senza il traino del leader storico. Politicamente questo significa che il consenso è ancora forte, ma che il margine di crescita appare esiguo e che eventuali crepe – nell’unità della coalizione o nella mobilitazione – possono essere più rischiose di quanto si pensi. Per chi governa è dunque un affermazione, non un plebiscito.
Il messaggio nazionale e le riflessioni di Renzi
Il senatore Matteo Renzi ha colto il dato per rilanciare: «Meloni non è invincibile se l’alternativa è unita». Questa frase racchiude diverse implicazioni. In primo luogo suggerisce che il dominio della destra di governo è tutt’altro che garantito: quando il centrosinistra riesce a costruire una piattaforma ampia e coesa, l’elettorato risponde. In secondo luogo indica che il vero tema per il futuro non è solo raccogliere voti, ma costruire un’unità strategica in grado di competere anche fuori dai territori “tradizionalmente” favorevoli. Infine, sottolinea che la legge elettorale, la mobilitazione e la strategia politica nazionale restano fattori determinanti: non è solo questione di territorio, ma di capacità di costruire narrazioni vittoriose e coalizioni funzionanti.
Le implicazioni politiche immediate
Nel breve termine queste regionali segnalano che il centrosinistra ha ancora una “cassetta degli attrezzi” politica valida: capacità di vincere regionali, mantenere radicamento territoriale, utilizzare leader - civici o partitici – di territorio. Per la destra al governo, la vittoria in Veneto è rassicurante, ma le condizioni rimangono competitive in altri contesti. Il calo dell’affluenza emerge come fattore critico: la mobilitazione appare più fragile, ed è proprio chi saprà attivare gli elettori che potrà ottenere un vantaggio. Infine, a livello nazionale, questi risultati aprono un rettilineo verso le politiche: la mappa del potere territoriale comincia a configurarsi e le prossime scelte legislative e strategiche (legge elettorale, alleanze, leadership) si collocano in un contesto in cui né la destra né il centrosinistra possono considerarsi imbattibili. In conclusione, le tre regioni al voto raccontano un’Italia che non è “sotto un unico cielo politico”: il Sud conferma il proprio orientamento verso il centrosinistra, il Nord-Est rimane terreno solido per la destra. Ma quel che conta è la direzione: la politica italiana appare meno monolitica, più in tensione, e chi saprà governare il cambiamento dei territori, la disaffezione elettorale e le nuove alleanze potrà davvero dettare il passo nei mesi a venire.