La svolta è arrivata quando la trivella telecomandata ha perforato una copertura artificiale nei pressi della foresteria di Villa Osio, oggi Casa del Jazz. Per la prima volta gli strumenti hanno restituito un segnale concreto: un vuoto compatibile con una galleria, proprio nella zona indicata negli anni da più testimoni indipendenti. Finora le ricerche si erano sempre infrante contro planimetrie parziali e cantine murate, alimentando dubbi e sospetti mai risolti. L’edificio confiscato a Enrico Nicoletti, ritenuto il cassiere della Banda della Magliana, è da sempre avvolto da un alone di mistero. Prima proprietà del banchiere Arturo Osio, poi controllato da ambienti vicini al Vicariato e infine acquisito dal boss, l’immobile è stato trasformato negli anni Duemila nella Casa del Jazz. Le ipotesi sull’esistenza di passaggi sotterranei non sorprendono gli investigatori: molte ville dell’epoca e di quel contesto criminale disponevano di vani nascosti, percorsi tombati e spazi mai registrati.
Le nuove indagini tecniche
Dopo l’interruzione degli scavi dovuta al maltempo, i lavori sono ripresi con l’obiettivo di aprire un varco sicuro verso la presunta galleria. La necessità di evitare smottamenti, come quello che nel 1996 fermò i primi accertamenti disposti dalla Procura di Perugia, ha imposto un approccio più prudente. Domani i tecnici caleranno sonde e apparecchiature in grado di mappare profondità, ampiezza e condizioni dell’ambiente sotterraneo, elementi indispensabili per valutare un eventuale accesso umano. La presenza dell’avvocato Lorenzo Adinolfi, figlio del magistrato scomparso nel 1994, testimonia la delicatezza di questa fase. È in quel tunnel che potrebbe trovarsi il corpo del magistrato scomparso. Per la famiglia, abituata a decenni di piste interrotte e silenzi, l’apertura di un varco rappresenta un passaggio carico di significato. Il giudice Paolo Adinolfi aveva indagato su società e flussi finanziari che toccavano ambienti criminali strutturati, e la sua scomparsa non ha mai convinto gli inquirenti come un allontanamento volontario.
Una verifica attesa da trent’anni
La discesa degli strumenti avverrà sotto la supervisione della Prefettura, anche per il rischio di reperti pericolosi. L’iniziativa di Muntoni, sostenuta da fondi privati per il recupero della galleria destinata a una fungaia, permette comunque di ottenere un beneficio pubblico: la possibilità di fare luce su un tratto oscuro della storia criminale romana. Se la cavità risultasse stabile, il passo successivo potrebbe essere l’ingresso di tecnici e investigatori. Molto dipenderà dalle immagini e dai rilievi che arriveranno domani. La cavità potrebbe essere un vano tecnico, un tunnel interrato oppure un percorso ancora integro. Qualunque sia l’esito, la ricerca non procede più per ipotesi ma per verifiche sul campo. E quel segmento di sottosuolo nascosto da decenni potrebbe custodire risposte attese troppo a lungo.