Una compatibilità definita «moderatamente forte/forte e moderata» emerge dall’analisi del cromosoma Y che la perita Denise Albani, esperta della Polizia Scientifica, ha consegnato nell’ambito dell’incidente probatorio sulle nuove indagini del caso Garlasco. La relazione, 94 pagine inviate alle parti nei giorni scorsi, conferma in sostanza l’impianto già delineato dal consulente della procura, il professor Carlo Previderé, indicando una rilevanza statistica nella corrispondenza tra due tracce biologiche e l’aplotipo Y di Andrea Sempio, oggi indagato. La perita sottolinea però che l’analisi del cromosoma Y non consente l’identificazione certa di un singolo individuo, soprattutto in presenza di profili parziali e misti. Restano infatti elementi non determinabili con rigore: la collocazione esatta delle tracce rispetto alle unghie, le modalità del deposito, le possibili contaminazioni e il momento della loro comparsa. A incidere sono anche le criticità operative del 2014, quando l’allora perito della Corte d’Appello, Francesco De Stefano, eseguì repliche con quantitativi differenti di Dna, senza una quantificazione preliminare. Secondo Albani, ciò ha impedito di consolidare i risultati, rendendo impossibile stabilire se gli esiti poi ottenuti fossero pienamente affidabili o non interpretabili.

La comparazione con il profilo di Sempio

Nonostante tali limiti, Albani ha ritenuto possibile procedere alla valutazione statistica usando il tool YHRD. Per la traccia Y428–MDX5 la presenza di Sempio, o di individui con lo stesso lignaggio paterno, risulta da 476 a oltre 2.100 volte più probabile rispetto all’ipotesi di due contributori maschili non imparentati. Una forchetta che la perita classifica tra il supporto moderatamente forte e quello forte. Per la traccia Y429–MSX1 il valore statistico è invece più contenuto, tra 17 e 51 volte più probabile, traducendosi in un supporto giudicato «moderato». In entrambi i casi Albani richiama alla prudenza, ricordando l’assenza di un database specifico per la popolazione locale, limite che condiziona la robustezza delle valutazioni biostatistiche. La perizia non risponde, perché non richiesto dal quesito del giudice, al punto più delicato: come e quando quelle tracce siano arrivate sotto le unghie della vittima. È un vuoto investigativo che ora grava sul lavoro della procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone con l’aggiunto Stefano Civardi, e sulle controdeduzioni della difesa di Sempio. La nuova analisi introduce elementi rilevanti, ma non dirime l’enigma centrale. Indica una compatibilità, non una certezza, e riafferma la distanza che ancora separa il dato genetico da una ricostruzione definitiva degli ultimi istanti di Chiara Poggi.