Nel giorno in cui l’Unione Europea compie un passo rilevante nella riforma delle politiche migratorie, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi parla apertamente di «svolta». Al Consiglio Giustizia e Affari Interni, riunito a Bruxelles in una fase cruciale del negoziato, gli Stati membri hanno trovato un accordo su elementi centrali del nuovo impianto normativo, dalla definizione condivisa dei Paesi terzi sicuri alle procedure di frontiera, fino alla gestione dei rimpatri. Una direzione che, secondo il Viminale, rispecchia pienamente l’approccio sostenuto dall’Italia. Il ministro rivendica come primo risultato la creazione di una lista europea dei Paesi di origine sicuri. L’elenco, che comprende anche Stati già designati dall’Italia come Tunisia, Egitto e Bangladesh, dovrà fungere da base comune per tutti i membri dell’Unione nella valutazione delle domande d’asilo e nella gestione delle procedure accelerate. Per Piantedosi, questo passaggio rappresenta la traduzione in norme comunitarie di un’impostazione che il governo italiano sostiene da tempo.

Procedure accelerate e modello Albania

L’introduzione di procedure accelerate di frontiera è l’altro punto indicato dal ministro come vittoria diplomatica. Le nuove regole consentiranno a tutti gli Stati membri di applicare meccanismi analoghi a quelli previsti nel protocollo Italia-Albania, con esami più rapidi delle richieste e tempi ridotti per la definizione dei casi inammissibili. Un sistema che, nella lettura italiana, permetterà di gestire con maggiore efficienza i flussi in ingresso e di evitare il sovraccarico dei centri sul territorio nazionale. Tra le novità considerate più incisive dal Viminale figura la modifica al regime dei ricorsi contro i provvedimenti di rimpatrio. La decisione di eliminare l’effetto sospensivo automatico, sottolinea Piantedosi, dovrebbe accelerare in modo significativo le procedure, evitando che i trasferimenti restino bloccati per mesi nell’attesa delle pronunce giudiziarie. Un cambiamento che, secondo l’Italia, garantisce certezza amministrativa e maggiore capacità operativa.

Rimpatri verso Paesi terzi e ruolo dei return hubs

Il nuovo quadro europeo introduce inoltre la possibilità di effettuare rimpatri verso Paesi terzi non necessariamente coincidenti con quelli di origine. A ciò si affianca l’utilizzo dei cosiddetti return hubs, che non saranno più soltanto punti di arrivo ma anche nodi di transito per facilitare i trasferimenti. Piantedosi considera questo elemento un ampliamento degli strumenti a disposizione degli Stati membri, un passo verso un sistema realmente europeo e non più centrato sulle sole capacità nazionali. Il ministro definisce il compromesso di Bruxelles un risultato politico rilevante, frutto di mesi di trattative e di un crescente allineamento tra diversi governi sulle priorità del controllo delle frontiere e dell’efficacia dei rimpatri. Resta ora la fase dell’attuazione, la più delicata, nella quale le misure dovranno essere tradotte in procedure uniformi e coordinate. Per l’Italia, che considera la gestione della migrazione un dossier strategico, l’accordo rappresenta un passaggio atteso e, secondo il Viminale, un segnale della crescente convergenza europea sulle posizioni sostenute dal governo.