Benevento

Le difese avevano chiesto l'assoluzione dei loro assistiti e, in subordine, la riqualificazione dell'accusa di peculato in quella di appropriazione indebita o truffa – in entrambi i casi sarebbe scattata la prescrizione -, ma il Tribunale (presidente Pezza, a latere Murgo e Buono) ne ha raccolto in parte le argomentazioni, decidendo una condanna ed un'assoluzione per le persone di Benevento coinvolte nell'inchiesta della guardia di finanza sulla gestione dell'Ente morale San Filippo Neri.

In particolare, la condanna a 5 anni per peculato, relativa a due fatture del 2013 e 2014 – è stata stabilita per l'avvocato Antonio Caroscio (avvocati Antonio Leone e Camillo Cancellario), 81 anni, assolto invece da tutti gli altri addebiti. Per lui anche il risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, ed il pagamento di una provvisionale di 22.500 euro in favore del 'San Filippo Neri', parte civile con l'avvocato Luca Russo-

Assolto invece, perchè il fatto non sussiste, Gaetano Penta (avvocato Rino Caputo), 61 anni. Il pm Olimpia Anzalone – oggi in aula la collega Maria Colucci – aveva proposto 7 anni per Caroscio e 5 anni e 6 mesi per -Penta.

Caroscio e Penta erano stati chiamati in causa, rispettivamente, come presidente del Consiglio di amministrazione- dal gennaio del 2008 al novembre del 2017, quando, su richiesta del sindaco Mastella, aveva rassegnato le dimissioni, al pari dei membri del Cda – e segretario contabile.

L'imputazione riguardava atti che vanno dal settembre del 2009 al dicembre del 2017: un lasso di tempo nel corso del quale si sarebbero appropriati indebitamente di poco più di 428mila euro (“Penta limitatamente alla somma di 264mila euro”).

Come più volte ricordato, l'attenzione è stata puntata, in particolare, su 163.785 euro che, riscossi a titolo di rette pagate per la scuola materna Cifaldi, non sarebbero mai confluiti nelle casse dell'Ente, e su 264.649 euro: una somma la cui presunta “fuoriuscita” dalle casse dell'Ente sarebbe avvenuta a mezzo di “prelievi in contanti da parte di Caroscio e a mezzo di assegni/bonifici destinati a Penta, comprovando tali movimentazioni attraverso documenti giustificativi a tal fine, ovvero fatture emesse per operazioni inesistenti ovvero ancora transazioni per presunte retribuzioni a Penta, e comunque mediante una tenuta della contabilità visibilmente carente e irregolare, sostanzialmente volta da un lato a non consentire la ricostruzione e la tracciabilità delle entrate e dell uscite e dall'altro costruita per giustificare uscite di denaro, ovvero destinando parte delle somme per esigenze e spese del tutto personali e non compatibili con le finalità istituzionali dell'Ente”.

Si tratta di una inchiesta che nel dicembre del 2020 era sfociata nel sequestro preventivo, poi confermato dal Riesame, di un appartamento, un conto corrente ed un libretto postale con le relative giacenze, per un valore di oltre 428mila euro, ordinato dal gip Gelsomina Palmieri, che aveva invece detto no agli arresti domiciliari, a carico di Caroscio, che nel 2017 aveva subito una perquisizione disposta in un'attività investigativa supportata da una consulenza curata dalla dottoressa Stefania Viscione.