Napoli

Due pollici alzati verso l’obiettivo, un sorriso accennato tra i monitor dei parametri vitali e il pallore di una corsia d’ospedale. È l'immagine, diventata virale sui social, che segna la fine dell'incubo per Bruno Petrone, il centrocampista 18enne dell'US Angri 1927 trafitto da due coltellate nella notte tra il 26 e il 27 dicembre a Chiaia.

Mentre la famiglia Petrone si prepara a un Capodanno diverso, scandito dal ritmo dei macchinari del San Paolo di Napoli, arriva la notizia che tutti aspettavano: «Bruno sta migliorando, è sveglio e non è più sedato», spiega il padre Cristian. Ma la vittoria più grande è un'altra: i medici sono ottimisti, Bruno potrà tornare a giocare a calcio. Una speranza che il ragazzo ha alimentato fin dal primo momento, chiedendo alla madre Dorotea, appena sveglio: «Potrò ancora giocare?».

Il verdetto del GIP: premeditazione e carcere

Mentre il mondo dello sport si stringe attorno al giovane calciatore, il versante giudiziario si chiude con il pugno di ferro. Dopo tre ore di camera di consiglio, il GIP del Tribunale per i Minorenni, Anita Polito, ha disposto la custodia cautelare in carcere per i quattro indagati (un 15enne e tre 17enni) accusati di tentato omicidio aggravato.

Nonostante la confessione e l'atteggiamento collaborativo, il giudice ha confermato la gravità dell'azione. Non si è trattato di una rissa fortuita, ma di una spedizione punitiva in piena regola. «I miei amici sapevano che ero armato», ha ammesso il 15enne che ha sferrato i fendenti, aggiungendo un dettaglio agghiacciante: «Quando ho visto che Bruno barcollava, ho detto che potevamo andarcene».

Dallo "sguardo di troppo" alla lama: la ricostruzione

La follia scatta intorno alle 2 di notte in via Bisignano, nel cuore della movida dei "baretti". La dinamica, cristallizzata dalle telecamere di sicurezza, racconta di un'aggressione brutale: prima una chiave inglese brandita come minaccia, poi l'affondo con un coltello a farfalla, infine la fuga e l'arma gettata in un tombino.

Il movente appare desolante nella sua futilità. Bruno ricorda uno "sguardo di troppo" e un provocatorio «Vuoi litigare?» ricevuto qualche giorno prima mentre era in scooter. Carnefici e vittima vivono nello stesso quartiere, San Carlo all’Arena, e frequentano gli stessi posti. «Ci salutavamo sempre senza problemi», ha dichiarato uno dei diciassettenni, a conferma di come un equilibrio apparentemente normale si sia spezzato in un istante di violenza cieca.

La strada verso il recupero

Per Bruno inizia ora un percorso di riabilitazione lungo e rigoroso. Per tornare in campo dovrà seguire uno stile di vita ferreo, ma la dedizione che lo ha reso un professionista del calcio dilettantistico è la sua arma migliore. «La nostra felicità è rivederlo correre», scrive l'US Angri in un post che ha raccolto migliaia di like.

Mentre il pool difensivo (avvocati Maiello, Pennacchio e Amodeo) valuta il ricorso al Riesame per i quattro minorenni, la città resta ferma su quel fermo immagine: un diciottenne che, dal letto di un ospedale, non ha smesso di sognare il prato verde.