Avellino

Il day after della sconfitta dell'Avellino a Catanzaro è stato scandito da un clima teso, per certi versi comprensibile, per altri paradossale. La sconfitta maturata al “Ceravolo” è stata particolarmente pesante sia in virtù dello contro diretto in chiave secondo posto perso coi calabresi, sia per non aver approfittato della concomitante battuta d'arresto al “San Nicola” della capolista Bari, contro l'ACR Messina, sia per il secondo tempo che l'ha propiziata con i biancoverdi assenti ingiustificati in campo.

Quella arrivata resta, però, solo la seconda sconfitta stagionale in campionato (a margine di 16 risultati utili di fila): lo stesso score fatto registrare in Serie C, dopo 24 giornate, da Cuccureddu nell'annata agonistica 2004/2005 e Papadopulo in quella 1994/1995 (entrambe terminarono con la promozione in Serie B dopo i playoff). Un bilancio, quello attuale, migliore pure nel confronto rispetto all'Avellino formato 1972/1973, guidato da Gianmarinaro (3 sconfitte) ed a quelli allenati da Ammazzalorso nel 2000/2001, Galderisi nel 2006/2007Rastelli nel 2012/2013, entrambi a quota 4 ko a questo punto della torneo. Peggio anche l'Avellino di Vullo nel 2002/2003, con 6 stop al passivo.

Insomma, la verità sta come sempre nel mezzo e, oltre il nervosismo, palpabile, nell'ambiente biancoverde, resta una base da cui ripartire per il riscatto immediato. Tra il dire e il fare c'è la rivelazione Monterosi che, ironia della sorte, aveva inflitto ai lupi l'unica sberla dell'anno prima di ieri. I corsi e i ricorsi, in questo caso, andranno decisamente evitati.