Una svolta attesa da anni. La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del tetto massimo di sei mensilità per il risarcimento dovuto ai lavoratori licenziati ingiustamente nelle imprese con meno di 15 dipendenti. Si tratta di un punto decisivo per i diritti di milioni di lavoratori, soprattutto in un Paese in cui la struttura produttiva è dominata da micro e piccole imprese. La pronuncia rappresenta una pietra miliare che colma un vuoto di tutela, rendendo più giusto l’accesso alla giustizia per chi viene estromesso senza giusta causa o giustificato motivo.
Landini: “La Corte ci ha dato ragione”
Al Giffoni Film Festival, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha commentato con soddisfazione la notizia: “È esattamente ciò che chiedevamo con il referendum”. Il leader sindacale ha sottolineato come la sentenza della Consulta confermi le ragioni dei promotori della campagna referendaria, che ha raccolto il sostegno di oltre 13 milioni di cittadini. Per Landini, la pronuncia costituzionale impone di rimettere al centro del dibattito pubblico il tema del lavoro, denunciando il paradigma che negli ultimi anni ha privilegiato mercato e profitto a scapito della dignità delle persone.
Guerra e Scotto (Pd): “Ora una legge per dare seguito alla sentenza”
Anche il Partito Democratico ha accolto con favore la decisione della Consulta. La deputata Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del partito, insieme al capogruppo in Commissione Lavoro Arturo Scotto, ha annunciato una proposta di legge imminente per tradurre in norma i principi sanciti dalla Corte. “Il numero dei dipendenti non può più essere criterio per limitare i diritti dei lavoratori – hanno spiegato – e la forbice 0-6 mesi non garantiva un’adeguata valutazione delle circostanze da parte del giudice”. Secondo i dem, è tempo che la politica segua l’indicazione chiara proveniente dalla giustizia costituzionale.
Una battaglia che parte da lontano
Il tetto dei 6 mesi era stato introdotto per limitare i margini di discrezionalità dei giudici nelle imprese minori, ma aveva finito per creare un’ingiustizia di fondo: equiparare ogni licenziamento, anche quello più grave e discriminatorio, a un indennizzo predeterminato. Le norme escludevano la possibilità di reintegro e limitavano la valutazione caso per caso. Ora, grazie alla pronuncia della Consulta, si riapre uno spazio di civiltà giuridica che potrà restituire dignità e giustizia a centinaia di migliaia di lavoratori.
La precarietà non è destino
Nel suo intervento a Giffoni, Landini ha rivolto un appello ai giovani: “Non accettate la precarietà come condizione immutabile. È il frutto di scelte politiche precise, che possiamo e dobbiamo cambiare”. La sentenza della Corte costituzionale può diventare uno strumento per scardinare l’ideologia della flessibilità a tutti i costi e riaffermare il valore del lavoro stabile, tutelato, giusto.