L’impatto del compromesso: 23 miliardi in fumo. Dietro quello che a Bruxelles definiscono «il massimo che possiamo fare», si cela una perdita potenziale colossale per il sistema produttivo italiano. L’accordo in via di definizione tra Unione Europea e Stati Uniti prevede un dazio generalizzato del 15% sull’export europeo. Una misura che, secondo Cerved, costerebbe all’Italia 8 miliardi nel solo 2025. Ma se si aggiungono gli effetti della svalutazione del dollaro, il contraccolpo stimato da Confindustria arriva a 23 miliardi di euro di mancato export.

Un patto squilibrato e a senso unico

Il compromesso proposto dall’Ue prevede una tariffazione asimmetrica: i prodotti europei pagherebbero dazi del 15%, mentre le merci statunitensi entrerebbero nel Vecchio Continente con aliquote tra lo 0 e il 4,8%. Una disparità che l’Europa ha accettato per scongiurare uno scontro aperto, ma che penalizza pesantemente le economie esportatrici come quella italiana. Il vantaggio competitivo degli Usa, aggravato dal cambio favorevole, potrebbe superare il 20%.

Settori chiave sotto attacco: auto, farmaci, chip

Tra i nodi più critici ancora aperti, le tariffe su auto, farmaci e semiconduttori: tre settori dove l’Italia, insieme a Germania e Francia, gioca un ruolo industriale strategico. Se questi comparti venissero esclusi dal compromesso generale e colpiti da dazi superiori al 15%, l’intesa sarebbe considerata inaccettabile da gran parte dei Paesi membri. Una posizione condivisa da quasi tutti i 27, con l’unica eccezione dell’Ungheria.

L’allarme delle imprese: dazi e dollaro già colpiscono

Per Confindustria, il dazio più pesante è già operativo: si chiama svalutazione del dollaro. Da inizio anno la moneta americana ha perso il 13,5% rispetto all’euro, riducendo automaticamente la competitività dell’export europeo. Ogni punto percentuale di svalutazione in meno, calcola viale dell’Astronomia, vale un miliardo di export recuperato. Ma senza un’azione decisa della Bce sui tassi, l’effetto continuerà a zavorrare le vendite italiane negli Usa.

Bruxelles attende Trump ma prepara contromisure

La palla è ora nelle mani di Donald Trump. Dopo i colloqui tra l’Ue e l’amministrazione americana, resta da chiarire se l’ex presidente – di nuovo in corsa alla Casa Bianca – approverà l’accordo e in quali termini. In mancanza di un via libera, Bruxelles ha già pronto un pacchetto di controdazi da 93 miliardi che scatterebbe il 7 agosto. Una mossa estrema, che nessuno vuole attuare, ma che potrebbe diventare inevitabile se Washington dovesse alzare ulteriormente la posta.

Le incognite sull’alluminio e il ruolo del Giappone

Restano anche punti oscuri nella trattativa: tra questi l’alluminio, per cui gli Usa mantengono dazi del 50% nonostante l’import dall’Europa sia minimo e di alta qualità. E il recente accordo commerciale tra Washington e Tokyo, che concede condizioni più favorevoli al Giappone, dimostra come le trattative possano portare a risultati meno punitivi. Ma per l’Europa il tempo stringe. E senza una risposta chiara da parte di Trump, lo scenario più probabile resta quello di un patto ingiusto.