Giorgia Meloni festeggia. Marina Calderone applaude. I dati dell’Istat sono sventolati come un trofeo: disoccupazione al 6%, occupazione al 62,8%. È il momento delle frasi a effetto, dei post su Facebook che raccontano un’Italia che lavora e cresce. Peccato che questa non sia la realtà che ogni giorno incontra chi bussa a un centro per l’impiego, chi manda curricula senza risposta, chi a quarant’anni è ancora costretto a fare lo stagista. Il governo rivendica successi, ma i numeri vanno letti fino in fondo. Non basta dire che “ci sono più occupati”: bisogna avere il coraggio di dire chi lavora, come lavora, quanto porta a casa.
L’altra faccia della medaglia
Dietro i toni trionfalistici c’è una verità scomoda: crescono gli inattivi, cioè quelli che hanno smesso persino di cercare. Solo a luglio, 30mila persone in più hanno gettato la spugna. Sono i fantasmi del mercato del lavoro, invisibili nelle statistiche che il governo sbandiera, ma drammaticamente reali. E poi ci sono le donne. Per loro l’occupazione non sale, scende. Zero opportunità in più, anzi, 0,2% in meno. Nonostante le promesse, il lavoro resta un club a prevalenza maschile, dove le donne faticano a entrare e ancor più a restare. Gli autonomi, infine, continuano a ridursi. Professionisti, artigiani, piccoli imprenditori: figure che dovrebbero essere la spina dorsale del Paese, ma che invece arrancano, ignorati da chi governa.
Conte e il grido della realtà
Giuseppe Conte denuncia le contraddizioni: stipendi che non reggono il passo del carovita, giovani che scappano all’estero, pensioni bloccate. Non servono slogan, dice, ma politiche concrete: salario minimo, sostegno al lavoro povero, incentivi per chi crea davvero occupazione e non precarietà. Certo, anche l’opposizione ha il vizio di cavalcare la polemica. Ma in questo caso le critiche hanno fondamento. Perché se i dati dicono che la disoccupazione scende, la vita quotidiana racconta che sopravvivere con mille euro al mese – quando va bene – non significa “avere un lavoro dignitoso”.
La verità dalla parte degli esclusi
La verità non sta nei palazzi, ma nelle case dove i bollettini si accumulano sul tavolo, negli autobus pieni di pendolari che corrono da un impiego precario all’altro, nei volti dei giovani che partono con un biglietto di sola andata. Il mercato del lavoro italiano è una terra divisa: da un lato chi può esultare perché ha trovato stabilità, dall’altro chi resta intrappolato tra contratti a termine, part-time involontari e salari da fame. Le donne, i giovani, gli autonomi sono i veri esclusi di questa “ripresa”.
Tenetevi la ragione, ma create più lavoro
Chi ha ragione, allora? Meloni quando mostra i numeri, Conte quando racconta le ombre. Ma chi ha davvero ragione è chi non compare nelle foto celebrative: i milioni di italiani che un lavoro lo vorrebbero, ma non lo trovano, o lo trovano a condizioni indegne. La politica festeggia i decimali. Il Paese reale, invece, aspetta ancora giustizia.