Spaccio di droga in carcere, Di Giacomo: dalle celle gestiscono il traffico

Il segretario del sindacato di polizia penitenziaria spiega: servono misure più severe

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“L’inchiesta svolta in buona parte d’Europa sulle tre maxi-associazioni criminali finalizzate al traffico internazionale di droga, facenti capo alle più potenti famiglie di 'ndrangheta
dell'area ionica calabrese, con ramificazioni e basi logistiche in varie regioni d'Italia e all'estero, ha un legame - che non va sottovaluto - con i traffici di droga in carcere e controllati dal carcere”. L'allarme parte dal segretario generale del sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo per il quale “come provano i sequestri di droga quasi ogni
giorno, negli istituti di tutto il Paese si spaccia e si consuma lo stesso quantitativo (messo insieme) di una media piazza italiana di spaccio, con un giro di affari con traffici controllati da ‘ndrangheta
, camorra e mafia, che raggiungono decine di milioni d’euro l’anno.
Da recenti operazioni è stato accertato – continua Di Giacomo – che gli uomini dei clan si servono di telefonini per dare comodamente ordini agli uomini sui territori, continuando
dalla cella a gestire i traffici. Così la detenzione del capo clan che dovrebbe rappresentare la fine della “carriera criminale” – aggiunge Di Giacomo – non solo si trasforma in
continuazione ma cementifica i rapporti con detenuti e alimenta l’economia criminale necessaria specie per sostenere le famiglie dei detenuti. Il rifornimento viene dall’esterno –
di qui l’intreccio con la maxi-operazione – con l’impiego di mezzi tecnologici e sofisticati (droni) e persino fantasiosi (pallone di calcio imbottito di stupefacenti).
Ovviamente – continua il segretario del S.PP. – questo accade perché la domanda di stupefacenti è alta: la presenza di detenuti classificati tossicodipendenti già all’ingresso è di circa 18mila (poco meno del 30% del totale) per i quali il cosiddetto “programma a scalare” con la somministrazione di metadone ha dato risultati molto scarsi. Non a caso la recidività di reato per questi detenuti, una volta fuori, è altissima. A questi si deve aggiungere che tre detenuti su 10 sono solo spacciatori e non consumatori. Sono cose che purtroppo ripetiamo da almeno 5 anni per tenere alta l’attenzione sulle misure sempre più urgenti da attuare per stroncare lo spaccio di droga dentro e fuori le carceri”.